Quando la politica è donna

La politica è stata per secoli un affare maschile.

Nell’età romana alle donne era vietato tanto votare quanto fare politica, non erano pertanto titolari di alcun diritto di voto, né attivo né passivo. Alla base vi era l’idea che la donna, in quanto debole e non istruita soprattutto se povera, dovesse essere responsabile solo dell’ambiente domestico; al resto ci pensavano gli uomini, detentori esclusivi anche del potere politico che coincideva con quello militare, ragion per cui alle donne era escluso potersene occupare.

L’emancipazione femminile ha visto le donne accrescere, durante i secoli, il riconoscimento dei propri diritti, anche politici, accompagnato dall’evoluzione del loro ruolo all’interno della società, sino al suffragio universale.

Onda rosa dall’America

Di recente, la presenza di un maggior numero femminile in corsa alle elezioni americane del mid-term di fine ottobre, ha stupito il mondo interno. Donne provenienti da svariati ambienti socio- culturali, tra cui: afroamericane, ispaniche e persino una giovane ragazza democratica di origine somala, nonché musulmana e rifugiata, la prima all’interno del Congresso. Il peggior incubo per il Presidente Trump. Donne diverse e con idee politiche altrettanto differenti ma portatrici di un minimo comune denominatore: la voglia di far parte di una nuova generazione di leader che può anche prescindere dal genere. Loro sono state le vere protagoniste e vincitrici di queste elezioni: 272 candidature femminili in corsa su 964 totali, è il più alto numero della storia americana. Questi numeri, pur essendo ancora troppo bassi, rappresentano un piccolo riscatto. La strada è quella giusta per contrastare la misoginia della politica, rappresentata tra gli altri da Donald Trump e dalle recenti posizioni maschiliste del nuovo Presidente brasiliano Bolsonaro.

Un’onda che ha travolto il mondo politico e che si spera riesca a formare uno tzunami e che arrivi sino in Europa e nel mondo.

L’Italia non è un paese per donne

In Italia la parità di genere sembra essere ancor un miraggio, anche nella politica: nell’attuale governo Conte solo 11 donne compaiono tra i nomi di ministri (5) e sottosegretari (6), il numero più basso degli ultimi anni, e solo il 30% in Parlamento è di sesso femminile.

Un caffè con Silvia Fregolent

Abbiamo incontrato l’On. Silvia Fregolent, deputata presso la Camera e capogruppo per il Partito Democratico in commissione finanze nell’attuale legislatura, per discutere sulla posizione della donna nella politica italiana.

Iniziamo la nostra chiacchierata davanti ad un caffè sotto un tiepido sole romano.

Silvia esordisce raccontandoci che la sua passione per la politica: “è nata sui banchi di scuola”, e ciò che l’ha spinta a fare il grande passo che separa l’aspirazione dalla realizzazione è stato:“ l’entusiasmo di poter contribuire a rendere il mondo migliore anche a partire dalle piccole cose”. Un bellissimo messaggio che sia da monito a tutti coloro che reprimono in gabbia la passione di realizzare i propri sogni, impedendole di volare in alto e fare grandi cose.

Alimentando questo fuoco ardente Silvia si è messa in gioco, con impegno e costanza, dapprima nella circoscrizione di Torino, poi a livello provinciale ed approdando, alla fine, in Parlamento, dove, aggiunge: “ho potuto trasformare la passione in lavoro quotidiano”.

Inaugurando il tema della nostra intervista, Silvia ci confessa, in base alla sua esperienza personale, di non aver mai subito alcuna pressione da parte dei colleghi maschi, così come di non aver mai beneficiato di alcun privilegio, in ragione del fatto di essere una donna. Ma, aggiunge: “è innegabile che, anche nella politica, il percorso delle donne sia più complicato, rispetto agli uomini, come in altri settori”. La politica, da sempre accusata di essere così lontana dal mondo nel quale vivono i comuni cittadini, si dimostra, purtroppo, affetta delle stesse malattie.

Ultimamente il linguaggio dei social media dimostra proprio detto parallelismo ed è la cartina al tornasole del tipico maschilismo che da sempre ostacola la carriera di una donna. A detta dell’Onorevole: “per i leoni da tastiera le donne in politica sono un facile bersaglio da bullizzare e denigrare, di cui farsi vanto”. Bullizzare, discriminare le donne: tutti atteggiamenti che la politica non dovrebbe alimentare.

A tal proposito, noti sono gli attacchi repentini da parte di Matteo Salvini contro l’allora Presidente della Camera Laura Boldrini. Ciò l’ha portata ad un‘ impietosa gogna mediatica senza alcun rispetto per l’istituzione che rappresentava. In quelle occasioni si è gettato fango, non solo su una delle più alte cariche istituzionali del nostro paese, ma sulle cittadine italiane interamente considerate. Un sindaco ligure leghista, rincarando la dose, le ha addirittura augurato di portare a casa sua gli stupratori di Rimini ai domiciliari così che “magari gli mette il sorriso”. È in corso un processo per diffamazione riguardo a tale episodio.

Silvia si unisce, come donna e come esponente politica, alla condanna di simili attacchi sessisti a mero scopo elettorale che legittimano così un gioco brutalmente sleale poiché: “compito delle istituzioni e della politica è contrastare e prevenire questi comportamenti”. Inoltre aggiunge che: “è gran parte della società che sta dando messaggi sbagliati e la politica ne è spesso il riflesso”. E se fosse il contrario? È la politica che influenza la società o la società che influisce sulla politica? O forse semplicemente sono due forze interdipendenti che si influenzano a vicenda. Il problema è che spesso la politica influenza negativamente la società e, di converso, la politica non sempre fa proprie gli stimoli positivi provenienti dalla società.

Le quote rosa in e fuori dalla politica

Chiediamo all’onorevole cosa ne pensa delle “quote rosa” quale strumento di supporto alle politiche di genere, tanto dibattute e ritenute discriminatorie dalle femministe più orgogliose.

Fregolent non ne rinnega l’utilizzo, ammettendo che senza di esse la presenza delle donne sarebbe indubbiamente inferiore. Le quote rosa, pertanto, contribuiscono forzatamente a sgretolare il muro culturale che ancora oggi è fortemente presente in Italia, inutile negarlo, ma la parlamentare ritiene che non debbano essere l’unico motivo per il quale includere le donne nella politica e nel lavoro, altrimenti rischierebbero di essere fini a sé stesse.

Nonostante le quote rosa e le politiche antidiscriminatorie poste in essere, è evidente che il percorso è ancora in salita perché, ci spiega Silvia: ”il problema nasce dal basso: i tassi complessivi dell’occupazione femminile rimangono bassi”. Il lavoro femminile, tanto nel privato quanto nel pubblico settore, stenta a decollare, i tassi della disoccupazione sono più elevanti tra le donne rispetto agli uomini e lo vediamo anche nella politica: solo il 30% dei politici in Parlamento sono donne e solo il 48.8% delle donne dichiara avere un lavoro!

Le politiche del lavoro che non aprono ad un’organizzazione meno rigida del lavoro, aggiunge Fregolent: “rendono difficile conciliare lavoro e famiglia”. Una malattia che l’Italia non riesce a debellare, che miete ancora tantissime vittime e che ci colloca nelle statistiche agli ultimi posti in Europa, davanti solo alla Grecia. Neanche ai piani alti se la si passa meglio: la percentuale delle donne a capo di un’azienda è ferma al il 21.8% secondo i recenti dati Istat.

La donna, più dell’uomo, deve scendere sempre a compromessi, innanzitutto con sé stessa, e chi fa lo sa bene.

Silvia ci svela un suo pensiero ottimista, di cui abbiamo estremo bisogno e ci conforta: ravvede la concreta possibilità di avere, prima o poi, in Italia un Presidente della Repubblica donna ed un premier donna, come Inghilterra e Germania da anni tentano di insegnarci. Per una leadership femminile, aggiunge Silvia: “I tempi potrebbero essere maturi” e, allargandosi, si auspica di vedere presto donne a capo di fondamentali istituzioni quali la Corte Costituzionale o la Banca d’Italia, così come ai vertici di grandi imprese italiane come Finmeccanica.

Da ultimo, l’On. Fregolent, prima di congedarci, regala un consiglio personale a tutte quelle giovani che si sono innamorate della politica, come è successo a lei sui banchi di scuola, e che sognano di diventarne attive protagoniste: “mantenere sempre viva la passione, coltivare le competenze e sostenere i propri ideali, tenendo però bene a mente che la politica rimane, a tutti i livelli, “l’arte del possibile””.

Per una volta e senza il filtro dei social, la politica ci è sembrata vicina e possibile, anche per una donna.

 

 

 

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