C’era una volta il postmodernismo: 5 libri per iniziare

C’era una volta il postmodernismo. Finita la stagione delle vette moderniste del calibro di Woolf e Joyce, la letteratura comincia a interrogarsi su se stessa, sui propri meccanismi e le dinamiche di genere. Gli scrittori sperimentano diversi stili ed enciclopedizzano le loro opere, che diventano veri e propri compendi in cui centrale non è tanto la storia quanto il modo in cui la storia viene narrata. Fioccano le parodie, le rese anomale, i narratori che non la raccontano proprio giusta. Sull’argomento ci sarebbero da scrivere interi volumi ma, per sintetizzarlo, forse è meglio lasciare lo spazio alle opere stesse. Ecco dunque cinque libri che possono essere utilizzati come un percorso iniziatico per scoprire la ricchezza di questa stagione letteraria.

1. Se una notte d’inverno un viaggiatore – Italo Calvino

Il nostro amatissimo Calvino qui si cimenta in una delle più straordinarie imprese: quella di trasformare il lettore in un personaggio, evidenziando in tal modo la stessa natura convenzionale della figura, sempre implicita in tutti i testi letterari eppure così lontana dalla persona fisica. Tutta la storia si evolve e prende forma proprio attraverso le trame di libri, tutti di generi differenti, accomunati però dall’incompletezza. Non si riesce a trovare il finale. Ed è proprio in questa impossibilità che emerge il contenuto drammatico dell’opera: la letteratura vuole parlare della realtà e si pone come strumento conoscitivo della vita umana, eppure ogni opera è insieme incompiuta e incompleta. La relatività di ogni prodotto letterario fa in modo che sia impossibile colmare il bisogno umano di verità, di conoscenza. Sempre che essa esista, sia chiaro.

2. La verità sul caso Savolta – Eduardo Mendoza

Barcellona, 1917. Un mistero che richiede di essere svelato, quello dell’omicidio dell’industriale Savolta. In una commistione di generi che spazia dal romanzo rosa alla spy story, il libro non dà soluzioni certe, evidenziando invece la limitatezza del punto di vista, il fatto che ogni personaggio importante della storia abbia una propria opinione contrastante con le altre, senza che si possa giungere a una verità definitiva. Particolarmente interessante è l’orchestrazione della storia: la narrazione non spazia attraverso i generi soltanto da un punto di vista contenutistico, poiché l’ibridazione infetta anche lo stile. Il lettore infatti può agevolmente ricavare informazioni dai ritagli di giornale, dai verbali della polizia, dai ricordi frammentari dei personaggi intervallati da brani più distaccati. Un piccolo gioiello della letteratura spagnola, in Italia troppo poco conosciuto.

3. I figli della mezzanotte – Salman Rushdie

Siete alla ricerca di una scrittura cervellotica e arzigogolata che si arronciglia continuamente su se stessa in maniera labirintica, solcando le più alte vette del concettualismo e dell’astrazione? Allora questo libro fa proprio per voi. Il magistrale stile di Rushdie qui si concentra nella rappresentazione intrecciata di una vicenda individuale (quella di Saleem, il protagonista narratore) e di una storia pubblica, ovvero quella dello Stato indiano. Ma cosa hanno in comune un uomo finito ed effimero e uno Stato appena emancipato? La data di nascita, 15 agosto 1947. I drammi personali e nazionali dunque si mescolano, creando una commistione originale in cui coesistono commedia e tragedia, realismo e meraviglioso, per delineare una splendida saga familiare che passa attraverso i principali stadi evolutivi della politica indiana.

4. Bartleby e compagnia – Enrique Vila-Matas

In un racconto di Melville si incontra uno strano personaggio. Si chiama Bartleby, è uno scrivano e preferirebbe di no. Ma a proposito di cosa? Della letteratura, ovviamente! In un racconto che intreccia sapientemente saggio e narrativa, il protagonista narratore utilizza l’archetipo di Bartleby per ricostruire le vite esemplari di tutti gli autori che hanno scelto di non scrivere. Si tratta di scrittori in negativo, Scrittori del No, appunto. Anche in questo caso, viene riaffermato lo straordinario potere e la drammatica impotenza dell’arte, capace di creare forme e mondi sempre nuovi e che tuttavia delude la sua missione più importante, ovvero quella di cogliere il reale. In un’enciclopedia di citazioni reali e inventate, Vila-Matas ribadisce che la ricchezza più grande che caratterizza la letteratura è la libertà, che è anche quella di smettere di scrivere.

5. Oblio – David Foster Wallace

Per concludere, una raccolta di racconti, una delle prove artistiche più riuscite di Foster Wallace. Astrazioni mentali, deviazioni, anomalie metalettiche, narratori inaffidabili da cui il lettore si deve ben guardare. La riflessione costante su un sistema capitalistico e consumista che schiaccia l’individuo anche laddove pretende di salvarlo attraverso la psicologia. Se volete passare notti in bianco a interrogarvi sulla compagine di significati che si possono ricavare da un testo scritto, questa è decisamente la raccolta che fa per voi. Tra ribaltamenti di convezioni e prospettive, colpi di scena tutti all’insegna del racconto e drammi esistenziali ben congegnati, la prosa di Foster Wallace ribadisce anche in questo frangente la sua versatilità costitutiva, dando vita a un caleidoscopio che proietta luci di diverse sfumature e tonalità, ora drammatiche e ora quasi comiche, sulla condizione umana dell’uomo alla fine del XXI secolo.


FONTI

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