Il monumento berlinese in memoria del rogo dei libri

Tra i numerosi monumenti berlinesi in commemorazione alle vittime del nazismo ce n’è uno tanto eloquente quanto meno noto, si tratta dell’opera in memoria dei Buecherverbrennungen, ovvero dei roghi dei libri, progettata dall’artista israeliano Micha Ullman per Bebelplatz.

Era il 10 maggio 1933 quando degli studenti del Nationalsozialistische Deutsche Studentenbund, con la partecipazione di molti professori dell’Università Friedrich-Wilhelm (oggi Università Humboldt), bruciarono 25.000 volumi colpevoli di sovvertire l’ordine sociale a causa delle idee di cui erano portatori: liberali, comuniste o socialiste che fossero. Molti dei libri distrutti appartenevano ad autori ebrei, tra cui anche il celebre psicoanalista Sigmund Freud.

Foto storica del rogo dei libri a Berlino, 1933

Ciò che più stupisce è il fatto che questi volumi non vennero bruciati da un popolo analfabeta, ma da alcuni studenti e professori di una delle più prestigiose università tedesche. Le università, infatti, sono generalmente le roccaforti del sapere, della conoscenza e della ragione: com’è stato possibile? Perché infliggere quel giorno un colpo tanto duro alla cultura? Un libro ha la capacità di stravolgere il mondo, di scatenare guerre, di infervorare gli animi, di donare speranza e di toglierla. Quanto fossero pericolose le pagine di un libro era già stato più volte dimostrato, a partire dalla Bibbia, passando per Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei, fino a L’origine delle specie di Charles Darwin. I libri sono armi temibilissime, bruciare quelle pagine significava togliere potere al “nemico”, allo “straniero”, alle persone che la pensavano in modo differente e che rischiavano di contaminare il loro mondo. Agire in modo violento contro opere e opinioni altrui era solo il primo passo verso la terribile violenza che si sarebbe consumata in seguito nei campi di sterminio. Una targa dorata accanto al monumento di Ullman riporta non a caso la seguente citazione di Heinrich Heine:

Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le persone” (1820).

Veduta di Bebelplatz e dell’opera di Micha Ullman

Si può forse dire che quel giorno venne consacrato il fallimento di un sistema educativo incentrato sul sapere nozionistico, anziché sulla formazione di un pensiero critico. L’ignoranza quella notte ha vinto sulla ragione e creò un vuoto incolmabile. Attraverso la sua opera Ullman ha cercato di creare visivamente quel vuoto, progettando una stanza sotto la superficie della piazza, cui pareti sono completamente occupate da librerie che non ospitano però alcun volume. Quella stanza dal tetto di vetro, visibile così dalla piazza, avrebbe la capienza per ospitare i 25.000 volumi bruciati quella sera di maggio; al loro posto però c’è solo il vuoto.

Un libro è un fucile carico (…). Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo

cita una frase della celebre opera di Ray Brandbury Fahrenheit 451 (trasportato in film da Truffaut), in cui i pompieri invece di spegnere gli incendi hanno il compito di appiccare fuoco ai libri. Privati della cultura gli uomini sono in uno stato di totale apatia, non soffrono certo, ma non possono provare sentimento alcuno. L’eroe è infine l’uomo che mettendosi a leggere quei libri a cui avrebbe dovuto dare fuoco, sfidando la legge che ne proibiva la lettura, comincia a pensare con la propria testa, a formarsi un giudizio proprio su ciò che lo circonda, e sceglie infine consapevolmente di allontanarsi da quella società.

Locandina del film di Truffaut Fahrenheit 451, dall’omonimo libro di Ray Bradbury

FONTI

studio dell’autrice

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