La forza del Neorealismo: tra morte e resurrezione

Quando pensiamo al cinema italiano difficilmente lo facciamo in positivo: le prime cose che ci vengono in mente sono i cinepanettone, la comicità insulsa e volgare, le commedie dalla scarsa qualità ma dai grandi numeri in sala.
Eppure il cinema nostrano ha fatto la storia.

In ritardo come in ogni innovazione, la settima arte arriva in Italia nel 1905, dieci anni dopo il suo esordio sugli schermi europei, ma questa volta non tarda a brillare: fin da subito realizza film di alto valore artistico apprezzati anche oltre oceano, attenendosi ad uno stile e ad una narrazione classica che puntano all’attrazione mostrativa.

Dobbiamo aspettare alla fine degli anni Quaranta per comprendere la frase sopracitata: è in questi anni che nella ridente penisola il nostro cinema fa la storia, con intenti e rappresentazioni mai visti prima d’ora.

Nasce il Neorealismo italiano, corrente artistica cinematografica che ha le sue prime espressioni negli anni Quaranta, attraversa gli anni Cinquanta, e coinvolge alcune prove degli anni Sessanta, soprattutto se si considerano gli esordi cinematografici di Pasolini.

Pur essendo una corrente artistica, i tratti comuni sono pochi e non facilmente identificabili, i protagonisti opposti e differenti fin dagli intenti comunicativi, così come gli stili, portavoce della tempra dei registi-autori.

Un comune denominatore può essere individuato nella stessa etichetta del Neorealismo, che rimanda al tentativo di registi come Visconti, Rossellini, Zavattini (solo per citarne alcuni) di rappresentare la realtà italiana, seppur con inclinazioni differenti.

Da un lato c’è chi come Visconti cerca di svelare la tragicità della condizione popolare occultata dal regime, dall’altro chi come Rossellini, è pronto a saltare sul carro dei vincitori, mostrando la realtà sociale nell’ottica delle politiche di cui si fa portavoce.

Quali che siano gli intenti, i prodotti sono di valore eccezionale, comprendono una vasta gamma di generi cinematografici, incrociando storie d’amore, commedie, tragedie, con una realtà circostante prepotente di cui lo spettatore è ancor più consapevole.

Sorge spontaneo chiedersi : che fine ha fatto il Neorealismo?

Lo scorrere del tempo ha decretato la sua morte per dar spazio a storie di maggior successo, adatte ad un pubblico poco esigente, ma la sua liricità sopravvive in Giuseppe Tornatore, Ferzan Ozpetek, Luca Guadagnino, registi italiani che, seppur lontani da quella estrema fedeltà alla realtà, riportano in auge la sublime tragicità neorealista.

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