“Il Dottor Faust”: volontà o destino?

Christopher Marlowe, drammaturgo dalla vita misteriosa che vive sotto il regno di Elisabetta I, scrive nel 1592/1593 il “Dottor Faust”, tragedia emblematica poiché irrisolvibile unitariamente. Marlowe dà vita a un personaggio leggendario, contestualizzandolo in uno spettacolo teatrale che ispirerà molti grandi artisti, tra cui Goethe. Sono molte le leggende sviluppate intorno al mito di Faust, anche in precedenza rispetto a Marlowe. La prima attestazione scritta risale al 1587, redatta da Johann Spies, protestante tedesco. Marlowe viene a conoscenza della traduzione inglese, da cui molto probabilmente si appoggia nella costruzione tragica.

Faust vende l’anima al diavolo per raggiungere la conoscenza assoluta, quella conoscenza proibita agli uomini, poiché propria esclusivamente della divinità. Il patto (che firma con il sangue) prevede 24 anni di dissolutezza e piaceri smisurati: Mefistofele, emissario di Lucifero, si pone al suo servizio per appagare ogni desiderio. Alla scadenza del patto Faust sarà dannato per l’eternità. Mefistofele, il diavolo tentatore, è un personaggio insolitamente razionale, poco fascinoso e poco seducente, al contrario dell’interpretazione di Goethe: non vuole incantare o ingannare Faust, gli mostra chiaramente le sofferenze dell’Inferno, quasi con ironia tragica. Come Dedalo, Faust pecca di tracotanza, incontinenza, si spinge così in alto al punto che le sue ali di cera si sciolgono e si schianta a terra, negli Inferi. Dal prologo infatti:

“Ma alla fine, gonfiato di bravura e arroganza, troppo in alto lo spingono le sue ali di cera e il cielo le scioglie, decreta la sua caduta. Perché si è dato a pratiche diaboliche e sazio dei doni solari della sapienza si getta affamato sulla negromanzia.”

I 24 anni di beatitudine conducono Faust alla ricerca dei sommi piaceri della vita. In compagnia di Mefistofele arriva a Roma, beffa il Papa e l’Imperatore, ottiene come amante la bella Elena di Troia: tutti personaggi effimeri, spiriti labili ed evanescenti, parte dell’Inferno a cui è destinato. Il tessuto linguistico raffinato, la compattezza testuale, nascondono una verità enigmatica, una fondamentale ambiguità che ha impedito l’individuazione di un contenuto morale prevalente. Faust è vittima o carnefice? Impossibile definirlo. Faust sembra vittima, poiché predestinato alla dannazione eterna. Appare, infatti, come una marionetta guidata dal fato crudele: ogniqualvolta che, spinto da personaggi benevoli, tenti la redenzione, un intervento esterno lo riporta al desiderio del male e al destino immutabile. D’altro canto, però, Faust ha consapevolmente abiurato le Scritture e adorato Lucifero: tutte le sue azioni sono compiutamente desiderate, schernisce le parole di Mefistofele sul’Inferno, credendole menzogne, e alla fine persevera nella ricerca della conoscenza proibita.

La tragedia del Dottor Faust, quasi come un’opera shakespeariana, insegna quanto sia fallimentare ogni tentativo di rappresentare la realtà in modo univoco. Un lettore moderno non può estrapolare una verità assoluta dal mistero di questo testo. La ricerca di perfezione fa cadere l’uomo in un circolo vizioso insolubile. Forse, proprio perché mette in crisi il concetto stesso di verità, ponendo sterminate domande senza darne le risposte, quest’opera è in grado di comunicare ancora ad un pubblico del XXI secolo.

FONTI

Il Dottor Faust – Christopher Marlowe

 

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