“Una classica storia d’amore eterosessuale” al Teatro Fontana

Una classica storia d’amore eterosessuale, andata in scena al Teatro Fontana di Milano, ad opera della compagnia teatrale under 35 Domesticalchimia, è la storia di una famiglia infelice. La direzione dello spettacolo è opera di due donne: Francesca Merli, alla regia, ed alla drammaturgia Camilla Mattiuzzo.

Lo spettacolo racconta la triste vicenda di una famiglia i cui membri non hanno nome, ma sono identificati con il loro ruolo – la Madre, il Padre, il Figlio – perché rappresentano l’emblema della famigliola problematica italiana e, forse, europea. Una casa claustrofobica, priva di comunicazione tra i membri, che dialogano con frasi fatte – hai mangiato? Dov’è tua madre? – in cui ciascuno è insoddisfatto e non riesce a realizzarsi. I membri della famiglia sono inoltre vittime dei luoghi comuni: una madre non può bere una birra, un padre non può piangere e un figlio è destinato ad assomigliare ai genitori.

Il Figlio è un ragazzino di undici anni in psicanalisi a causa dei problemi che, a suo dire, gli hanno provocato sua madre e, in secondo luogo, suo padre. Tuttavia, assistendo allo spettacolo, è evidente che le vere figure problematiche sono i genitori, le cui difficoltà riflettono sul bambino. Massimo Scola non ha undici anni, anche se il suo volto da ragazzo pulito ben si presta ad interpretare il ruolo di un bambino. L’ingenuità e la spensieratezza del personaggio sono enfatizzate dal tono di voce e dalla mimica, nonché da un casco da ciclista che l’attore indossa per tutto il corso della rappresentazione. Tale personaggio svolge la triplice funzione di attore, narratore e spettatore della storia d’amore dei propri genitori.

Davide Pachera è il Padre, uno scrittore senza talento vittima del proprio narcisismo e pertanto mai realmente presente in famiglia. Occhialetti e giacca beige da intellettuale, si esprime con citazioni letterarie e appare solenne e distaccato. La Madre è Laura Serena, un’attrice carismatica che attira su di sé l’attenzione in quanto unica donna presente sul palcoscenico; la donna è molto giovane per il ruolo che interpreta, tuttavia ciò non intacca la buona riuscita dello spettacolo. La Madre è una casalinga insoddisfatta che non riesce a trovare il proprio posto nel mondo, cerca di realizzarsi provando gli hobby più vari e strani ma abbandonandoli dopo poco tempo. Se il Padre e il Figlio indossano sempre i soliti sobri vestiti, la Madre cambia continuamente costumi di scena indossando abiti anche molto eccentrici, presenti sul palco appesi sin dall’inizio della rappresentazione.

La scenografia è molto sempice: visibile allo spettatore sin dal suo accesso in sala per assenza di sipario, è costituita da un tavolo, delle sedie, l’appendino con i vestiti della madre già menzionato e un microfono, attraverso il quale i personaggi enfatizzano le frasi più importanti tra quelle pronunciate. Sullo sfondo vengono proiettati dei video e le indicazioni cronologiche degli eventi narrati, che non seguono un ordine temporale lineare. La musica e la rumoristica di Federica Furlani svolgono una funzione portante; è presente una breve sequenza cantata e comicamente ballata dai tre personaggi dell’habanera della Carmen di Bizet, in cui gli attori dimostrano di essere molto abili anche nel canto. I movimenti scenici sono opera di Elena Boillat.

Nonostante i temi trattati siano molto seri, l’atmosfera dello spettacolo è leggera, rilassata e spesso comica. Lo spettatore sa che ai momenti più tragici possono seguire improvvisamente le battute più spensierate ed esilaranti. Gli attori, soprattutto il Padre e il Figlio, interagiscono attivamente con il pubblico annullando la separazione tra palcoscenico e platea: lo spettacolo inizia quando il figlio si alza in piedi da una poltrona tra il pubblico e porge ad uno spettatore un foglio chiedendo “Dottore, mi psicanalizzi”; il Padre propone al pubblico di prendere una busta fissata sul sedile davanti a loro e di compilare il questionario con una matita dell’Ikea, che verrà restituita in seguito su invito dell’attore. Tutto ciò non sminuisce la gravità delle questioni sollevate dai Domesticalchimia: nell’impossibilità di trovare una soluzione ai dilemmi della società moderna, è possibile solamente affrontare i problemi con il riso.

Lo spettacolo offre una leggera serata di evasione in nome del riso e della riflessione. Non abbiamo tuttavia compreso la scelta del titolo: perché specificare che la famiglia è composta da genitori eterosessuali se l’omosessualità non viene mai menzionata nel corso dell’opera?

CREDITS

Copertina – foto di Domesticalchimia

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