Nantes Triptych di Bill Viola. Il tabù della morte nella società contemporanea

L’opera di Bill Viola Nantes Triptych del 1992 è indubbiamente di forte impatto emotivo sullo spettatore, essa è infatti costituita da tre diversi video accostati uno all’altro in emulazione della struttura di un trittico, oggetto tradizionalmente legato al mondo occidentale religioso, in cui è posto sull’altare.

Per l’artista nordamericano, pioniere della videoarte, il riferimento al mondo cristiano è una costante presente da sempre nella sua opera, in cui il tema della spiritualità è centrale. Si pensi ad esempio all’opera Emergence del 2002, esposta come il trittico a Villa Panza a Varese nel 2012.

Visualizzando l’opera da sinistra a destra la prima scena proposta dall’artista è il parto di una donna che viene mostrato in tutta la sua carnalità, senza nulla celare. Così fa anche nel video all’estrema destra in cui è ripresa una donna morente, la madre stessa di Bill Viola, in cui il fatto è riportato nella sua naturale crudezza. A far da collante tra i due c’è un video di un uomo che fluttua nell’acqua, sospeso tra i due estremi, quello della vita e quello della morte.

Bill Viola, Emergence, 2002

È un’opera che può disturbare, scandalizzare e non è estranea nemmeno la sensazione di essere un intruso in un momento così intimo e privato. Ma superando il primo momento di sconcerto e soffermandosi ad ammirare l’opera cercando di comprenderla, ci si lascia avvolgere dalla potenza stessa delle immagini, dal senso di star “toccando” qualcosa che è molto vicino al senso e all’essenza stessa della vita. L’opera rappresenta la filosofia spirituale dell’artista americano che crede che l’uomo contemporaneo debba tornare a riflettere, dopo essere riuscito a spiegare scientificamente l’atto della nascita e della morte, sul mistero che permane. Nonostante tutti i progressi e le acquisite conoscenze sul mondo e sull’essere vivente, ancora la scienza non è riuscita a penetrare le questioni che di fatto stanno alla base del tutto, ovvero da dove veniamo e dove andiamo. Oggi l’uomo ha la capacità di volare, di camminare sulla luna, di fecondare artificialmente, ma ancora non ha quella di controllare la nostra fine. Nella nostra era, della tecnologia e del “progresso”, la morte è divenuto un vero tabù, in quanto irrazionale, terribilmente naturale e incontrollabile. Essa non è più vissuta, nel mondo occidentale, come un fatto naturale, ma come un fatto angoscioso a cui è meglio non pensare, dandosi così l’illusione di essere immortali. Viola con le sue immagini ci mette invece davanti all’angoscia della morte, ma allo stesso tempo ci dona anche la chiave per risolvere il dilemma.

La filosofa ebrea Hanna Arendt scrisse: “gli uomini, anche se devono morire, non sono fatti per morire, ma per dare inizio a qualcosa di nuovo”. Affermare l’importanza della nascita è dare meno potere alla morte. Questo trittico ci ricorda che la vita non è altro che un ciclo naturale, per cui la morte non è più sparizione, ma creazione di un nuovo essere.


FONTI
Visualizazzione dell’opera da parte dell’autrice

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