“Tourism kills the city” e la risposta del turismo sostenibile

Il turismo non è più una questione puramente estiva e, anche se si può ancora parlare di alta e bassa stagione, riguarda tutto l’arco dell’anno. Sebbene permetta l’impiego di centinaia di migliaia di persone e coinvolga numerosissime imprese ed attività, recentemente è in crescita la considerazione di tale fenomeno come un problema non indifferente, che rischia di dividere le comunità delle località che ne traggono generalmente beneficio, creando danni irreversibili alla loro cultura e al loro patrimonio.

Questa tendenza ha portato a diverse proteste in tutta Europa nel tentativo di suscitare una riflessione riguardo a un genere di turismo che sia maggiormente responsabile. L’esempio più simbolico e recente riguarda la Spagna e, in particolare, la città di Barcellona, le cui vie si sono riempite di adesivi con la scritta “Tourism kills the city”, in altre parole “Il turismo uccide la città”. L’episodio si inserisce all’interno di molte altre proteste, specialmente sottoforma di cortei, che cercano di sensibilizzare su quanto il turismo di massa possa danneggiare realmente una località considerata “tipicamente turistica”. Ciò non è accaduto soltanto in Spagna poiché molte altre nazioni ne sono coinvolte, tra le quali spiccano la Croazia e l’Italia.

In realtà, la questione del turismo di massa e delle possibili implicazioni negative riguarda tutto il mondo, in quanto ogni continente possiede dei siti di maggior interesse da parte dei turisti: in Africa si passa da Il Cairo a Marrakech alle Mauritius a Cape Town; in Asia ci sono Agra, Bali, Palawan nelle Filippine, Halong Bay in Vietnam e la Malesia; in Australia è nota la situazione di Uluru, sito sacro degli Anangu preso tuttavia d’assalto dai turisti. In Europa e nelle Americhe la lista si allunga enormemente: oltre a Barcellona, le mete preferite e spesso abusate sono Amsterdam, le Cinque Terre, Venezia, Roma, Milano, la Toscana e la Puglia in generale, Dubrovnik, l’Isola di Skye, l’Islanda, Lisbona, Praga, Santorini, ecc.;
Salar de Uyuni in Bolivia, Machu Pichu in Perù, l’Isola di Pasqua, Denali National Park, Manhattan, Maui, Yellowstone National Park, lo Yucatan.. La lista, insomma, è davvero molto lunga.

Ovviamente sono stati messi in atto, e sono tuttora vigenti, alcuni metodi per cercare di contenere le folle: in Italia – per citarne qualcuno – sono stati installati dei contatori di persone al fine di monitorare i sovraffollamenti degli angoli e delle attrazioni più famosi di Venezia; a Milano è stato introdotto un divieto estivo che non permette la presenza dei food truck e dei selfie stick in zona Darsena; a Roma c’è invece il divieto di sostare e mangiare nei pressi delle fontane – le quali sono principalmente opere d’arte vere e proprie, realizzate da maestri quali Bernini, Della Porta e Maderno – e di bere alcolici per le strade di notte.

Certo, il turismo di massa porta grandi benefici, principalmente economici, ai paesi. Tuttavia, com’è evidente, non mancano gli aspetti negativi del fenomeno, la cui risposta principale potrebbe essere trovata nel turismo sostenibile. Qualcuno potrebbe dire “Non ci sarà mai un turismo sostenibile al cento per cento, perché ogni attività ha un determinato impatto sull’ambiente circostante”, e chi potrebbe dargli torto? È altrettanto vero, però, che più ci si muove verso la sostenibilità, minore e progressivamente meno forte sarà il suddetto impatto sulle risorse, sui consumi, sull’inquinamento e sui sistemi sociali. Il turismo sostenibile perciò ha l’obiettivo di adattarsi in base all’ambiente in cui esso si svolge, e non viceversa, cercando un equilibrio anche attraverso un controllo e una pianificazione continua dell’attività turistica. Significa dunque viaggiare in modo responsabile, imprimendo basso impatto sulla destinazione, tenendo comunque vitali le comunità locali e i benefici che il turismo può apportarvi. Il turismo sostenibile, inoltre, rispetta e mantiene i valori culturali della meta scelta, e favorisce l’autenticità, la partecipazione attiva e l’occupazione locali.

Sappiamo tutti, dunque, quanto sia importante viaggiare per la formazione e la crescita degli individui: tuttavia ciò non toglie l’importanza e la necessità di un viaggiare in modo responsabile nei confronti dell’ambiente circostante, degli altri, e di noi stessi.

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