I “Dodici studi d’esecuzione trascendentale” di Franz Liszt

Il Romanticismo rende la musica arte e riconfigura la gerarchia delle arti, collocandola al vertice. La sua dimensione totalmente astratta le consente infatti di esser il miglior strumento per descrivere l’emotività umana. Questa dimensione eterea, quasi divina, viene raggiunta da Franz Liszt nei suoi Dodici studi d’esecuzione trascendentale.

Il compositore stende la prima versione dei suoi Studi appena quindicenne, mentre la terza ed ultima versione risale al 1851. Gli studi sono composti per piano solo, estremamente virtuosistici, ma l’abilità tecnica non è fine a se stessa, non è uno sterile sfoggio delle capacità uniche e sorprendenti del grande compositore e virtuoso del piano: il virtuosismo è impiegato per raggiungere la trascendenza.

I Dodici studi hanno la capacità di gettare l’ascoltatore in un vortice emotivo paralizzante, fra l’angoscia, la malinconia e l’energia vitale, a tratti distruttiva, che risiede nell’eroe romantico. L’ascolto è complesso, faticoso e meditativo, l’intensità emotiva conferisce all’intera opera un’aura magica, soprannaturale. Il grande virtuoso sfrutta al massimo le potenzialità dello strumento, ne esplora le possibilità timbriche, compone attraversando una vasta gamma di tonalità insolite e ardite.

Le variazioni dinamiche sono molto frequenti, conferendo agli Studi una grande varietà ed espressività, che non viene adombrata neppure dalla rapidità estrema con la quale vengono eseguite le numerose scale cromatiche. La raffinatissima e complessa tecnica compositiva non è un ostacolo, ma anzi un veicolo di sentimenti ed emozioni che conducono l’ascoltatore alla trascendenza.

Il Preludio in do maggiore apre l’opera energicamente, con una rapida cascata di note che muta velocemente, esplorando i più disparati stati dell’animo umano. Gli Studi contengono uno dei brani più affascinanti e noti di Liszt: Mazeppa. Energica e vorticosa danza, Mazeppa alterna momenti appassionati e cantabili a zone d’ombra che sprofondano nella cupa tonalità di re minore. Nonostante l’involucro tecnico virtuosistico, Mazeppa non dimentica la sua ballabilità e il suo ritmo trascinante e incalzante. Ispirato alla ballata di Victor Hugo, riprende musicalmente il senso della citazione da essa tratta: “Cade infine… e si rialza re”, in un continuo alternarsi di chiari e scuri musicali.

Lugubre e funerea appare la sua Vision in sol minore, una tonalità amara, cupa, priva di luce, costituita da una pesante massa sonora che il compositore rischiara lievemente verso la conclusione dello studio. La luminosità, la calma e la pace si aprono all’ascoltatore procedendo con gliStudi nell’incontro con i giocosi Feux fellets, i fuochi fatui resi attraverso leggere e veloci scale e arpeggi, e si dispiegano verso le Harmonies du soir, uno studio raffinato, molto lento e contemplativo, via via sempre più mosso.

L’opera conclude con un sapiente virtuosismo mimetico, la descrizione musicale del fenomeno dello scaccianeve, ossia il turbine di neve sollevata dal suolo dal vento forte. Chasse-neige rappresenta il sibilare del vento che solleva la neve attraverso una tessitura musicale leggera ed agile eseguita su un continuo tremolo, abbellimento rapido e tecnicamente virtuosistico.

Franz Liszt nei suoi Dodici studi d’esecuzione trascendentale piega il suo virtuosismo tecnico all’evocazione dei moti dell’animo, dalla resa mimetica dei fenomeni naturali come i fuochi fatui e il turbinio della neve nel vento, al raggiungimento del più sublime e romantico stato dell’animo umano: la trascendenza.

 


FONTI

PIERO RATTALINO, Liszt o il giardino d’Armida, Torino, EDT, 1993.

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