I manga fra tradizione e modernità

Camminando per le vie di Milano non è poi così raro imbattersi in vivaci negozi traboccanti di piccoli libricini dalle copertine coloratissime, capaci di trasportare gli amanti del genere nei mondi e nelle vite dei propri idoli di carta. La parola giapponese manga 漫画 è stata coniata dal pittore Hokusai Katsushika nel 1815 circa, per intitolare la sua raccolta di disegni satirici Hokusai Manga, combinando due kanji che generano i significati di “immagini divertenti” o “immagini in movimento”. Dopodiché, fu il mangaka Kitazawa Rakuten – agli inizi del Novecento – ad applicare questa parola ai fumetti.

L’arte manga nasce nel periodo Heian (VIII – XII secolo), in Giappone, quando i primi fumetti non erano altro che rotoli dipinti – chiamati emakimono – che, associando le immagini a testi calligrafati, raccontavano una storia scoperta mano a mano che il rotolo veniva dispiegato – rigorosamente da destra a sinistra. In questi antichi fumetti le immagini ricoprivano il ruolo principe, riuscendo a raccontare le vicende anche senza didascalie. Una caratteristica tramandata anche nei moderni manga, nei quali le immagini – in modo particolare le espressioni facciali – vengono rappresentate con impressionante accuratezza e realismo.

Durante il secondo conflitto mondiale, i manga sono stati utilizzati come strumento di propaganda per poi venire influenzati dai fumetti e dai cartoni animati occidentali, trasformandosi in qualcosa di completamente nuovo. Grazie ai lavori del fumettista Tezuka Osamu verso gli anni Cinquanta del Novecento, i codici gafico-narrativi dei manga e degli anime – dall’abbreviazione di animēshon (traslitterazione giapponese della parola inglese animation, “animazione”) – hanno raggiunto la maturità contemporanea.

Da prodotto per l’infanzia, il manga ha esteso il suo target fino a comprendere lettori di tutte le età, divenendo sempre di più espressione culturale e creativa della società nipponica. Naturalmente il Giappone ricava molto dalla produzione di manga, la quale rappresenta più di un terzo delle pubblicazioni nazionali e più di un quarto delle entrate dell’intera editoria giapponese. Grazie ai modesti prezzi e alla differenziazione delle tipologie di manga per incontrare gli interessi più svariati, ormai questo piccolo tascabile è diventato un vero e proprio oggetto cult.

Bambini, ragazzi, adulti: tutti possono scoprire una passione per i manga, le cui storie possono toccare argomenti quali la vita scolastica di bambini e adolescenti, la quotidianità dei lavoratori, lo sport, la guerra, l’amore, la cucina, la storia e molto altro ancora. I manga, dunque, si differenziano in base al pubblico a cui sono destinati. Così, possiamo trovare gli Shōnen Manga – il genere più venduto e destinato agli adolescenti, dove spadroneggia l’azione -, gli Shōjo Manga – rivolti alle adolescenti e caratterizzati da frequenti introspezioni -, gli Josei Manga – indirizzati alle donne over 20 -, gli Seinen Manga – destinati agli uomini in età adulta, o ancora gli Yaoi Manga e Yuri Manga, che trattano rispettivamente di relazioni fisico-romantiche omosessuali maschili e femminili.

I manga non esisterebbero senza i mangaka, gli autori dei manga, ma il loro successo è, solitamente, nelle mani dei lettori. Infatti, le riviste giapponesi sulle quali vengono pubblicati i loro lavori dispongono di cartoline attraverso le quali i lettori votano ogni manga pubblicato. Un indice di gradimento basso comporterebbe il rischio di non potere più pubblicare i propri manga, è il caso di dire: una spietata democrazia.

La passione per i manga e per gli anime, come è risaputo, ha attraversato gli oceani e raggiunto la popolazione occidentale, rapportandosi con essa in modo del tutto differente rispetto agli esordi di questa espressione artistica, quando le influenze occidentali si percepivano molto chiaramente. Oggi, sono i prodotti nipponici a influenzare le mode, le culture e gli interessi dell’altra parte del Mondo. Basti pensare alla grandissima popolarità del cosplay (COS-PLAY), abbreviazione delle parole inglesi costume (costume) e play (gioco o interpretazione). Si tratta di una vera e propria forma d’arte, nella quale si interpretano gli atteggiamenti di un personaggio conosciuto indossandone il costume. Solitamente si interpretano personaggi tratti dai manga o dagli anime, poiché il fenomeno nacque in Giappone, ma ormai anche i panni di personaggi tratti da videogiochi, libri, film o giochi di ruolo vengono vestiti dagli appassionati in continuo aumento.

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