Works, Vitaliano Trevisan e un nordest fuori dagli stereotipi

Il filone della letteratura di ispirazione proletaria, invischiato e confuso nelle tracce del comunismo più barbuto, del socialismo più rosso e di immagini distopiche alla Fritz Lang, è una realtà variegata ma molto ben radicata nel panorama della letteratura italiana. Ancora più specifico è poi il filone seguito dagli scrittori che hanno impiegato molto del sudore che cola dalle loro pagine sulle dure realtà lavorative del così chiamato “meridione del nord”, ovvero quella zona a tinte noir dove il lavoro è religione, etica, tempra morale e ideologia: il nordest.

Vitaliano Trevisan è considerato proprio uno dei più importanti rappresentanti di entrambe queste due correnti, solo due delle tante nelle quali si tende a rilegare la letteratura, soprattutto contemporanea. Ma, come ogni rappresentante che si rispetti, egli comunica con una musica tutta sua e si concede le giuste riserve per uscire da quei binari che lui stesso identifica.

Per Vitaliano Trevisan, vicentino doc, è infatti scontato essere il testimone diretto di una moralità per lui casalinga, di focolare, innestata infatti con un taglio netto nel tronco proprio da suo padre, che alla sua richiesta adolescente di una bicicletta nuova, risponde proprio con una proposta di lavoro, «così capisci da dove viene». Meno scontato sembra, però, essere il protagonista stesso del suo romanzo, o per meglio dire del suo memoire.

Works è la somma di una vita, il resoconto autobiografico di uno scrittore tardivo circa tutti i suoi anni prima della scrittura, a partire dai pedali della sudata bicicletta del 1976 fino ad arrivare all’inaspettato successo del 2002. Works è un bilancio, un tirare le somme, illusioni e disillusioni comprese.

I primi cinquant’anni di vita dell’autore-protagonista sono un accumulo di false partenze, la sua vita lavorativa è una linea spezzata, un ginepraio ordinato di continui incipit e altrettanto scontate conclusioni.

Vitaliano è operaio, muratore, geometra, designer, disegnatore tecnico, venditore, lattoniere, gelataio, cameriere, manovale, operatore urbano, aiuto orefice, manutentore, portiere notturno, ma anche ladro e spacciatore, perché per quanto l’illegalità venga decisa e stabilita da logiche di Stato, il mercato, soprattutto quello del lavoro, obbedisce sempre e solo alle stesse semplici regole.

«Perché trovo sempre un lavoro?, mi dicevo, Perché non mi lasciano andare in pace? Diventare un barbone. Una delle possibilità che contemplavo. Che contemplo tuttora. Poi non ho il coraggio. Mi viene in mente mio padre, il poliziotto Arturo, e la sua divisa, sempre impeccabile; e mio nonno, la dignità con cui indossava il suo vestito da festa. Assurdità che sempre mi ritornano. L’origine è un vestito che uno non smette mai.»

Tra flusso di coscienza e flusso di ricordi, Works ha una struttura fatta di un continuo intreccio di memorie e di perenni soliloqui; il patto autobiografico tocca punte estreme, l’autore è il protagonista di ogni elemento biografico che viene fornito, nulla viene lasciato intendere come invenzione.

Tuttavia, anche se ogni pagina ci conduce verso l’autobiografia, ciò che è davvero romanzesco in questo prodotto è il desiderio anticonformista dello scrittore: il continuo tentativo di non inserirsi in una corrente. Trevisan si allontana con tutte le sue forze dalla narrativa epico-proletario-sindacalista che in quegli anni faceva dell’operaio l’eroe del nuovo millennio e dell’imprenditore la sagoma oscura del male: Vitaliano può guardare i soffitti dei capannoni industriali con gli occhi di un operaio e non con quelli politici e ideologici di uno scrittore impegnato in visita guidata. L’autore è consapevole che non esiste una netta divisione tra parte lesa e parte vincente, è consapevole che nelle fabbriche del nordest, come in tutte le altre realtà, esistono solo vittime e carnefici che si scambiano i ruoli in un’agghiacciante altalena.

Tra la consapevolezza stilistica e una mirabile capacità espressiva che gli permette di gestire gli intrecci tra discorsi diretti e riflessioni, la cifra simbolica del romanzo, nucleo fondamentale, viene continuamente ricordata e ripresa dall’autore persino nelle note, allo stesso tempo strumenti utili e finezze poetiche. Works è un libro che si nega ripetutamente alla sua natura di romanzo, che si scaglia contro di essa e, senza mai tradire il patto autobiografico, la sfrutta come fonte di energia primaria.

 


FONTI
Trevisan, Vitaliano, Works, 2016, Einaudi, Torino.

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