“Impara l’arte e mettila da parte”! Quando investire in istruzione dà i suoi frutti

La tematica dell’istruzione, specialmente universitaria, è spesso ampiamente dibattuta. I punti di vista a riguardo sono differenti ed è così che troviamo chi sostiene che investire nell’istruzione sia essenziale per migliorare lo status sociale di un individuo, la propria qualità di vita e la propria carriera professionale. Tuttavia, c’è chi afferma che studiare troppo non garantisce adeguati ritorni in termini di remunerazione e tipologia di impiego, sottolineando il rischio di spendere troppo senza ottenere le adeguate ricompense.

A questo proposito, qualche anno fa la banca d’affari Schroders ha calcolato i possibili ritorni delle famiglie – che hanno provveduto al pagamento delle rette universitarie – in termini di stipendi futuri dei laureati. A livello italiano, gli economisti hanno osservato che, rapportando gli stipendi medi annui dei neolaureati ai costi spesi dalle famiglie per l’università, il ritorno non è mai inferiore al 30% della somma investita. Ad esempio, il costo di una laurea quinquennale viene stimato in media in 31.750€, lo stipendio medio annuale di un neolaureato in 16.800€, ottenendo dunque il 53% dell’investimento. Chiaramente, più prestigiosa è l’università e maggiori saranno i ritorni individuali.

Ciononostante, lo studio mostra come le famiglie italiane investano poco nell’educazione dei propri figli. Nel 2016, infatti, la spesa complessiva ammontava a meno di 9 miliardi di euro, al contrario di altri Paesi più attivi in questo settore quali Spagna, Francia, Irlanda, Gran Bretagna, Stati Uniti ma soprattutto Corea del Sud e Danimarca. Per di più, in Italia vi è una accentuata differenza tra Nord e Sud del Paese per quanto concerne il numero di laureati che dopo un anno dalla laurea trova lavoro (74% nelle regioni settentrionali contro il 53% in quelle meridionali) come anche l’ammontare della prima remunerazione (in media 1.290€ al Nord contro 1.088€ al Sud).

Investire poco nell’istruzione dei propri cittadini non è mai la scelta più giusta. Anche durante i periodi di crisi, infatti, avere una buona istruzione può essere un’arma contro la disoccupazione, sebbene si debba sempre tenere in considerazione la tipologia di specializzazione che meglio si adatta a un determinato Paese. La domanda di laureati in materie scientifiche, ad esempio, proviene maggiormente dalle grandi imprese di cui l’Italia è poco fornita. Nonostante tutto l’accesso al mondo del lavoro per i laureati dovrebbe essere ulteriormente facilitato: secondo il Centro Studi di Confindustria chi è in possesso di una laurea ha il 40% di possibilità in più di trovare un impiego rispetto a chi possiede solo un diploma.

In conclusione, nonostante le spese per l’istruzione universitaria siano onerose e non sempre, soprattutto in Italia, si riescano a ottenere dei ritorni adeguati e bilanciati nell’immediato, sia in termini di salario che di tipologia di mansione, investire nell’educazione dà sicuramente i suoi frutti. Non solo dal punto di vista di un arricchimento culturale e valoriale, ma anche a livello di maggiori e migliori opportunità lavorative, alle quali seguono un successivo incremento salariale. Investire in istruzione, quindi, non è mai la scelta sbagliata.




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