Ingres e le sue donne d’Oriente

Ingres è stato considerato per molti anni il maggior rappresentante dell’ideale neoclassico nel corso XIX secolo e tale considerazione non può di certo ritenersi destituita di fondamento. Di questo ideale Ingres ne è stato, durante tutta la sua vita, l’assertore più appassionato e tenace. Quando, dopo una carriera tutt’altro che priva di contrasti, Ingres giunge finalmente alla fama venendo eletto membro dell’Istituto – di cui fu poi professore – dell’Ecole des Beaux-Arts di Parigi. Diviene l’animatore instancabile della Scuola che, grazie al suo operato, è stata frequentata da letterati, artisti, grandi mecenati, collezionisti, re e principi di Francia ed anche di paesi stranieri – come lo zar di tutte le Russie – i quali lo ammiravano e si rivolsero a lui per la sua figura di inventore e detentore privilegiato di una dottrina che, rifacendosi agli ideali estetici del Neoclassicimo, sembrò agli occhi del ceto dominante di allora concentrare in sé quanto di più sostanzioso ed elevato secondo la cultura letteraria e artistica del tempo.

Jean Auguste Dominique Ingres (Montauban, 1780 – Parigi, 1867), il più grande allievo di David, inserisce nei suoi capolavori, a seguito di un graduale percorso formativo cominciato da una sensibilità per il gusto grecizzante, la vita del tempo: questa si presenta palpabilmente nei dipinti dell’artista, che esprimono il modo di sentire e di pensare di una società alla quale Ingres, col suo tenace ed esclusivo amore per Raffaello e i classici, voleva sentirsi estraneo. Desta, quindi, notevole curiosità come una figura così centrale nella cultura di quel tempo, desiderasse svincolarsi dalla sua realtà e da questo aspetto è già possibile captare parte della sua personalità di “artista sognatore”, affascinato da culture antiche e “altre” che animano le sue tele.

Gli interessi di questo artista confluiscono in quello che nell’Ottocento (come nel Medioevo) veniva chiamato il “mondo altro”: l’Oriente. Si tratta di un mondo immaginato come più libero, più bello e più autentico, insomma, una realtà estranea alla civiltà classica: un territorio aperto agli spazi della fantasia, non limitato e costretto dalle convenzioni della cultura occidentale. Questo mondo – simbolo di opulenza, misteri, passioni e sensualità proibita – rispondeva pienamente al desiderio di evasione, una vera e propria fuga dalla grigia quotidianità.

L’aspetto che più fra tutti attirava l’attenzione di Ingres, nei confronti di questo mondo esotico chiuso, era la sensualità delle donne che veniva esibita senza inibizioni. Donne che l’artista ha avuto modo solo di immaginare, in quanto non si sia mai recato in Oriente; tra le fonti più preziose da cui l’immaginazione di Ingres ha dato vita ad importanti capolavori – dove sono effigiate bellissime donne esotiche i cui corpi erotici rasentano il morboso, ma sono allo stesso tempo sapientemente curati- furono i documenti dei viaggiatori europei ed in particolar modo le descrizioni dei bagni femminili contenute nelle lettere di Lady Mary Wortley Montagu. Per la ricostruzione degli ambienti Ingres si è servito, invece, di celebri stampe che circolavano al tempo, come quelle di Jaques Le Hay (“Raccolte di cento stampe che rappresentano le diverse nazioni del levante”), datate nel 1713.

Ingres, Il Bagno turco, 1848-63

Vi si propone come primo esempio un dipinto della maturità di Ingres, il famosissimo Bagno turco, che ha destato talmente scandalo – per l’esplicita carnalità – che il principe Napoleone, destinatario dell’opera, l’ha rispedita all’artista. La costruzione di tutta la scena si attinge ad un bagno turco di Costantinopoli descritto da Lady Montagu, la quale viene rappresentata al centro del quadro, con le braccia incrociate in un atteggiamento indifferente. È inoltre riscontrabile un’assonanza con il Tepidarium di Théodore Chassériau, considerato uno degli “orientalisti” insieme allo stesso Ingres e Delacroix.

Tra le passionali donne presenti nell’opera dell’artista di Montauban, si riconoscono figure di nudi, bagnanti, odalische e schiave elaborate precedentemente. Di queste si individuano immediatamente la Bagnante di Valpinçon e la celebre Donna con le tre braccia.

Sensuale, accurata e delicata, così Ingres decide di rappresentare questa bagnante, vista di spalle e colta in un momento di quotidianità. Opera che mostra l’equilibrio raggiunto fra l’emozione di fronte al soggetto e la volontà di astrazione formale. Il nudo si risolve in un puro accordo di toni, preziosamente incastonati nel reticolo disegnativo e delicatissimamente ondulati dalle mezze luci.

La Donna con tre braccia è un olio su carta che rappresenta uno dei rari studi direttamente legati al quadro, che testimonia le mutazioni formali e le trasformazioni compositive nelle parti più laterali della tela. Quest’opera si inserisce, inoltre, all’interno del contesto della “deformazione”, aspetto sperimentato da Ingres. Come scrisse Denis, si tratta di una palese forzatura usata come elemento simbolico per evidenziare la tensione fra una società intellettualmente troppo rigida nei suoi principi e una natura che si manifesta, invece, da questi principi prepotentemente disforme.

Squisito esempio della sensualità delle donne di Ingres, è riscontrabile nell’Interno di harem con odalisca, dove l’artista unisce una sensibilità classica, evidente nell’erotico nudo idealizzato, con la fascinazione del mondo orientale, tangibile invece nello scenario esotico, caratterizzato da una proliferazione delle superfici ornamentali. Qui compare, come in altri dipinti di datazione precedente, la figura dell’odalisca, assai cara a tutti i pittori affascinati da questo “mondo altro”.

Ingres, La bagnante di Valpinçon, 1808

Chi era l’odalisca? L’odalisca era una schiava vergine, che poteva poi divenire concubina o sposa nei serragli dell’Impero Ottomano. La maggior parte di loro era parte degli harem dei sultani turchi. (La parola deriva dal turco odalık, che significa cameriera, domestica). Queste figure erano alla base della scala sociale dell’harem, servendo non il sultano, ma piuttosto le sue mogli e concubine, come domestiche personali.

La Venere di Urbino di Tiziano è presa come modello per la composizione dell’elegante odalisca di Ingres, con l’inversione della posizione del drappo e di conseguenza anche della stanza in profondità, ma diversamente dal suo esempio tizianesco, l’odalisca è vista di spalle. La testa della donna è ruotata indietro ed i suoi occhi sono rivolti allo spettatore. Il volto denuncia un’espressione consapevole, ma non maliziosa. Il grande corpo morbido definito da una linea ondulata, una flessuosa mezzaluna rosata, ha proporzioni deformate. Le membra della donna distesa, esageratamente allungate, derivano dai dipinti manieristi, mentre la postura con il braccio sinistro che funge d’appoggio e la gamba sinistra piegata ed appoggiata all’altra rimandano alle sculture michelangiolesche nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo.

Ingres, Donna con tre braccia, 1815-63

Il quadro di Ingres ha riscosso successo anche nel mondo della moda contemporanea, infatti è stato utilizzato dalla rivista Vanity Fair che lo ha riproposto sostituendo la figura della Grande odalisca con l’attrice Julianne Moore, che esibisce la stessa pelle porcellanata che illumina tutta la scena.


FONTI

studio da parte dell’autrice

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