I gatti e la filosofia

Per chi ama i gatti e le loro sorprendenti caratteristiche, la domanda che si potrebbe porre è se esista una filosofia a cui attingere da questi animali domestici, che spesso diventano per noi veri compagni di vita. Possono quindi emergere i quesiti che si sono posti molti scrittori e filosofi su cosa si possa imparare da un gatto come pratica di vita o cosa possa rivelarci il nostro gatto che nessun filosofo può insegnarci.

Si può entrare in empatia con i gatti, ma accedere al loro universo è un’impresa disarmante. Non obbediscono, né disobbediscono, sono padroni di sé stessi e seguono solo le loro regole. Scompaiono e riappaiono senza mai confidare i loro segreti. Non possiedono nulla ma non devono nulla a nessuno, si occupano solo della loro esistenza e, solo le gatte, dei loro piccoli per la biologica sopravvivenza della specie. Vivono nel presente, non hanno ambizioni o progetti da costruire. Li si può osservare per ore, indolenti e immobili con lo sguardo perso nel vuoto, intenti a sonnecchiare o esplorare con eleganza meditativa il mondo che li circonda. Oppure si può essere colti dalla loro fulminea imprevedibilità che li trasforma in un istante in flessuosi atleti scattanti che balzano sulla loro preda.

Quale filosofia si nasconde dietro la loro esistenza? Forse quella dell’immagine della libertà e dell’indipendenza che ha ispirato molti poeti e filosofi?

Gli antichi Greci chiamavano il gatto “ailouros”, come l’animale che agita la coda, simbolo di libertà nel senso di desiderio della vita e che non mira a ottenere potere sugli altri. Già Erodoto narrava della venerazione del gatto nella civiltà egizia che lo aveva elevato agli onori di animale sacro. Decaduti nel medioevo e con la cristianità, che li aveva identificati come animali demoniaci al servizio della stregoneria, furono vittime di persecuzioni e superstizioni destinate a durare nel tempo. Solo nel XIX secolo e con l’inizio della cultura moderna il gatto ritornò ad essere considerato un animale da compagnia per l’uomo, intelligente ed elegante.

Oggi la “gattità” si è diffusa a livello planetario ed il gatto ha conquistato gli uomini oltre che per la sua bellezza ed eleganza del movimento, anche per la sua imprevedibile alternanza di vizi e di virtù. Nell’immagine della sua pigrizia sembra esserci il rimprovero della fretta e dello stress che si sono ormai impadroniti degli uomini. La sua lezione di vita non sembra essere quella di coltivare la noia ma forse quella di insegnarci qualcosa sul saper vivere il presente, sapendo cogliere quello che accade intorno a noi. O quello di esplorare Il fascino che si nasconde nella sua arte di trovare il difficile equilibrio di una paziente attesa e la necessità impellente di soddisfare il bisogno.

Riprendendo anche la riflessione dello scrittore William S. Burroughs (autore del Pasto nudo) nel suo breve libricino, Il gatto in noi, ci avviciniamo alla vera essenza che ci attrae di questo animale:

«Il gatto non offre servigi. Il gatto offre sé stesso. Naturalmente vuole cura e un tetto. Non si compra l’amore con niente. Come tutte le creature pure, i gatti sono pratici».

Anche l’autrice Doris Lessing, premio Nobel per la letteratura, nel suo saggio e biografia, Gatti molto speciali, in cui narra dei suoi incontri coi gatti, ne osserva il loro temperamento allontanandosi dall’idea che siano animali freddi e distanti ma esaltando la loro caratteristica di essere unici e avere una loro spiccata personalità. Studiosa del comportamento umano e della sua filosofia, ha usato la stessa lucidità nel guardare al mondo felino e alle qualità che lo rendono simile a quello umano, senza umanizzarli, ma cercando di svelare l’enigmatico linguaggio dei gatti e la loro filosofia di vita.

 

Un altro filosofo del Novecento Piero Martinetti, uno dei pochi rinunciatari alla sua cattedra universitaria milanese – per non sottostare alle imposizioni fasciste nel ventennio – ha cercato, invece, una risposta al misterioso fascino e comportamento dei gatti attraverso i loro sguardi. Lo sguardo, come possibile chiave di comunicazione tra animali non umani e uomini, per Martinetti assume nei gatti un’eloquenza ammaliatrice capace di dire molte cose. Da queste considerazioni, e dal suo amore per questi animali, Martinetti fa emergere, in forma più filosofica, il riflesso del mistero dell’incomunicabilità che accomuna tutti gli esseri viventi, convinto che ogni essere e specie ha la sua anima e il suo mondo interiore come pari dignità nei confronti dell’uomo.

 

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“İyi geceler” ??? . . “Good Night” ???

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Il gatto  

Come un libro aperto ti lasci accarezzare

Perché nel tuo morbido sonno

Ci sono le storie della notte e d’avventura

Un abbandono che prelude a un balzo

Di riscatto a una perfetta indifferenza,

A un improvviso fulmine selvaggio

Torni assorto, come si espugna un piacere

Fedele ai tuoi desideri che non si arrendono

Ai compromessi di riconoscenza

Cammini sul filo sottile dell’eleganza

Di rarità sfuggente alla superbia degli uomini

Nel riflesso magico e maledetto dei tuoi antenati

Chi si abbandona nel tuo alveo sinuoso

È l’amante senza pudore di una soffitta

L’odissea paziente di una scoperta

Il tuo nome è senza fedeltà né arroganza

Compagno di sfortuna o di ricchezza

Puoi solo essere amato senza condizione.

 



FONTI:

Salvatore Patriarca, La filosofia del gatto, Newton & Compton, Roma, 2012

Steven d. Hales, Il gatto e la filosofia, trad. F. Verzotto, Colla Ed., Vicenza, 2011

William s. Burroughs, Il gatto in noi, trad. G. Bernardi, Adelphi, Milano, 1994

Doris Lessing, Gatti molto speciali, trad. M.A Saracino, Feltrinelli, Milano, 2013

Giuseppe Pulina, Piero Martinetti: l’imperscrutabile dolcezza dei gatti in Tonni matematici e balene metafisiche. I filosofi e gli animali, Diogene Multimedia, Bologna, 2016

Testo de, Il Gatto, riflessioni del redattore.

 

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