L’evoluzione del lavoro di Michelangelo: confronto tra la Pietà Vaticana e la Pietà Rondanini

Se Leonardo è considerato il prototipo dell’artista scienziato, costantemente rivolto allo studio e alla comprensione della realtà naturale, Michelangelo (Caprese Michelangelo, 1475 – Roma, 1564), più giovane di ventitré anni, lo è invece dell’artista che vuole affermare la propria autonomia creativa, analizzando la figura umana in tutti i suoi pensieri e nelle passioni che la contraddistinguono.

Vasari considerò la sua arte il vertice assoluto di quella che lui definiva Maniera moderna, capace di superare persino la produzione dell’epoca antica e irraggiungibile per i suoi contemporanei. Dopo un’iniziale collaborazione presso la bottega del Ghirlandaio, Michelangelo si contraddistinse per essere un solitario, infatti non si circondò mai di una vera e propria bottega, nonostante avesse numerosi imitatori. La concezione iniziale della sua arte segue i dettami del neoplatonismo, definendo l’arte come espressione di una forza creatrice individuale che scaturisce dall’animo dell’artista. Dal mondo interiore quindi ha sede la vera bellezza, ed è questa la vera ispirazione per l’artista, a differenza ad esempio di Leonardo che coglieva ispirazione per i suoi lavori dal mondo materiale.

Questo forte ideale artistico di Michelangelo emerge nella Pietà del 1498-99.

L’artista era giunto a Roma nel 1496, dove ottenne immediato successo presso la committenza cardinalizia, grazie alle sculture da lui realizzate a imitazione di quelle classiche. La Pietà di quegli anni fu eseguita per essere destinata al monumento sepolcrale del cardinale francese Jean de Bilhères, ambasciatore di Carlo VIII presso il papa Alessandro VI. Il soggetto delle Pietà è per Michelangelo molto caro e caratterizzerà la produzione nell’ampio arco della sua vita; per questo è molto interessante cogliere le fasi evolutive dello stesso soggetto e confrontarle con l’evoluzione artistica e umana dell’artista. La Pietà vaticana rappresenta la Madonna di giovane età, in quanto allusione al significato simbolico della Chiesa eterna che accoglie il corpo di Cristo redentore, seduta su una sporgenza rocciosa identificativa della sommità del monte Calvario, e reggente il corpo del Figlio morto sulle ginocchia, in una composizione a struttura piramidale.

Le due figure sembrano fondersi per effetto dei pesanti panneggi fortemente plastici, soprattutto nella zona del grembo materno; il gruppo scultoreo suscitò grande ammirazione per la perfetta levigatura del marmo che, grazie all’abilità dell’artista, risulta quasi morbido al tatto e traslucido. Sorreggendo per l’ultima volta il corpo ormai senza vita di suo figlio, il volto di Maria racchiude tutto il dolore di una madre, ma la composizione non perde la sua grande compostezza. Fortemente espressivo è anche il gesto della mano sinistra, che si apre verso lo spettatore, invitandolo a meditare sul dramma che si trova davanti.

La monumentalità di quest’opera è specchio della ricerca michelangiolesca di uno stile nuovo che si discosta radicalmente dai canoni dell’arte del Quattrocento.

Ora, dopo aver introdotto questo grandissimo capolavoro di Michelangelo, e aver posto le basi del pensiero artistico della prima fase della sua attività, poniamo ora in analisi lo stesso soggetto realizzato però nell’ultima fase della sua vita.

Stiamo parlando della Pietà Rondanini, eseguita dall’artista tra il 1552 e il 1564 per se stesso, cosa assai rara considerando il costo dei blocchi di marmo.

Ciò che si nota subito a colpo d’occhio è una differenza abissale nell’esecuzione che farebbe pensare addirittura che sia stato un altro artista a realizzarla. Infatti, la prima caratteristica che colpisce lo spettatore è il non finito dell’esecuzione, che definisce il gruppo scultoreo in modo grezzo e abbozzato, opposto alla precisione e ai dettagli presenti nella Pietà vaticana.

Questa è l’ultima opera eseguita da Michelangelo prima della morte, ed è così chiamata dal nome del palazzo romano dove era conservata prima di giungere al Castello Sforzesco.

Ancora una volta l’idea è quella di rappresentare la Vergine nel tentativo di sorreggere il corpo del Figlio morto; è stato rinvenuto un foglio con alcuni schizzi preparatori di quest’opera da cui si deduce che il progetto originale di Michelangelo era assai lontano da ciò che si può vedere oggi. La scultura iniziata dal Buonarroti intende rappresentare il corpo di Gesù piegato in avanti mentre viene retto da Maria; ma Michelangelo, non soddisfatto del suo lavoro nonostante fosse già in stato avanzato, decide di abbandonare l’impianto originale, di cui però è rimasto un frammento nella parte destra del gruppo scultoreo (attribuibile ad un braccio di Cristo). Lasciando intatte solo le gambe, Michelangelo si appresta a modificare completamente la scultura, trasformando il corpo della Vergine in quello del Figlio, mentre quello di Maria viene in parte ricavato dalla spalla sinistra e dal petto dell’originaria figura di Cristo.

Il risultato di queste modifiche è una fusione molto intima dei corpi dei due che sembrano unirsi in un abbraccio, che però non riesce a trattenere il peso del corpo defunto di Gesù, come suggerito dalla piega delle gambe.

Questa enorme differenza tra le due sculture è causata da un’evoluzione del processo mentale e artistico di Michelangelo che, passati così tanti anni, ha un nuovo modo di approcciarsi al suo lavoro.

L’ultimo periodo di attività di Michelangelo è segnato dalla crisi dei valori che contraddistinguevano la prima fase della sua produzione e, a seguito di una profonda meditazione religiosa e filosofica sulla morte e sul destino dell’uomo, vengono sostituiti da un pessimismo nei confronti della storia e delle capacità di auto-salvazione dell’essere umano. Ciò appunto lo porta a riprendere il tema delle Pietà già affrontato negli anni giovanili e a considerare l’idea dell’atto creativo come dono sofferto di una missione universale.


FONTI

Wikipedia

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