L’onere della prova

La logica è lo studio del ragionamento corretto – o perlomeno questo è uno dei tanti modi in cui può essere intesa (Aristotele per esempio la pensava pressappoco così). Questa prospettiva comporta un ovvio rovescio della medaglia: la logica è anche lo studio di ciò che ragionamento corretto non è. E ciò che ragionamento corretto non è vien detto “fallacia“.

Ora, tra gli errori di ragionamento più interessanti c’è senza dubbio la cosiddetta fallacia dell’onere della prova. Per capire di cosa si tratta partiamo da quella sagoma di Bertrand Russell:

“Se io sostenessi che tra la Terra e Marte ci fosse una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al sole su un’orbita, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi purché io avessi la cura di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata persino dal più potente dei nostri telescopi.”

 

E prosegue:

“Ma se io dicessi che, giacché la mia asserzione non può essere smentita, dubitarne sarebbe un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie”

L’idea è la seguente: non è chi vuole smentire qualcosa a dover portare prove a favore della propria posizione, nossignore, tutto il contrario, è chi sostiene qualcosa a doverlo fare. Per dirla con Carl Sagan:

“Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie.”

In Italia quest’idea è presente anche in campo giuridico. Se io ti accuso di qualcosa, sono io che devo portare delle prove a sostegno della mia accusa. Fino a prova contraria infatti l’imputato è innocente. Questo significa che in mancanza di prove convincenti si viene assolti.

Un altro esempio classico è il seguente:

“Se non puoi provare che Dio non esiste, allora esiste.”

Ma l’impossibilità di smentire un’affermazione non rende l’affermazione automaticamente vera. Nemmeno (o soprattutto) quando si tratta dell’Altissimo. In mancanza di prove pro o contro, il buon senso ci suggerisce di sospendere il giudizio.


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