Brexit e UE: le conseguenze del vuoto anglosassone

I primi di maggio il presidente della Commissione UE lussemburghese Jean-Claude Juncker ha presentato il nuovo bilancio settennale (2021-2027) che l’Unione Europea dovrà mettere in atto. Nell’esposizione della sua proposta, Juncker ha aggiunto che i Paesi europei dovranno «fare di più con meno risorse».

Non si sa esattamente in che modo si possa concepire che tale logica possa essere perseguita senza un parallelo programma di efficientamento produttivo e i necessari investimenti nei settori di principale importanza; nondimeno l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha creato un buco di 12-14 miliardi sul lato delle entrate, mentre le nuove politiche strategiche richiedono delle spese annue pari a 8-10 miliardi.

È dunque evidente che gli Stati membri dell’Unione Europea debbano affrontare una situazione estremamente complessa e problematica, soprattutto in considerazione del fatto che la crisi economica del nostro secolo ha e sta tuttora mettendo in ginocchio le economie europee. Inoltre, i Paesi del Nord – dai quali, per ovvi motivi, provengono i maggiori contributi versati alle casse comunitarie – esprimono da sempre il loro legittimo dissenso al versamento di ulteriori soldi. Germania e Francia, al contrario, si dichiarano disposte ad aumentare i propri contributi. Una apparente generosità che tuttavia avrà delle pesanti conseguenze sulle tasche dei cittadini tedeschi e francesi, i quali probabilmente avrebbero qualcosa da ridire.

Tra le novità del bilancio settennale, una tra quelle che causa maggiore scontento è il taglio del 5% sia per degli stanziamenti agricoli (PAC – Politica Agricola Comune dell’Unione) che per i fondi di coesione. Per quanto riguarda i restanti punti, l’MFF (Multiannual Financial Framework) sembrerebbe avere le stesse caratteristiche di quello attualmente vigente: poco al di sopra dell’1% del reddito nazionale dei 27 Paesi UE in termini di pagamenti effettivi per una somma totale di 1.105 miliardi ma, come viene precisato, con meno entrate e più spese. Gli unici programmi non penalizzati saranno Erasmus Plus e Horizon, i quali puntano su formazione e innovazione per una competitività europea futura. Infine, vi saranno dei potenziamenti nei settori dell’immigrazione, della protezione delle frontiere e degli aiuti esteri. In questo senso, Italia insieme a Grecia e Bulgaria dovrebbero rappresentare i maggiori beneficiari.

Nonostante il nuovo bilancio UE includa alcuni aumenti per i fondi riservati a ricerca, innovazione, giovani, economia digitale, gestione delle frontiere, sicurezza e difesa, come si può evincere dal raddoppiamento dei fondi per il programma Erasmus, dall’incremento dell’1,6% degli stanziamenti per il digitale e la ricerca e dal 40% delle spese destinate alla difesa; in realtà si ritiene che tali novità siano ancora troppo poche e fragili per fare in modo che l’Europa diventi una potenza competitiva a livello mondiale. Inoltre, gli investimenti nei settori principali come possono essere istruzione, innovazione e ricerca sembrano non essere sufficienti per una crescita europea stabile e duratura.

 


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