Vendicatrici, sacerdotesse e guerriere: le figure femminili nelle antiche saghe islandesi

Per i lontani popoli del Nord, specialmente nella lontanissima e fredda Islanda, l’epica coincide con la saga. Si tratta di racconti di differenti generi, tutti uniti però da simili caratteristiche stilistiche: la prosa, un andamento conciso e scarno, la prevalenza del discorso diretto e reminiscenze dell’oralità. Questo genere letterario fiorisce in Islanda fin dalla primissima epoca dell’insediamento delle colonie vichinghe e scandinave, a partire dall’874 d.C. Al principio, come tutte le letterature, il suo veicolo di trasmissione e di conservazione era puramente orale, e la motivazione alla base del racconto era quella di mantenere la memoria storica degli avvenimenti che segnarono la colonizzazione dell’isola e le vicende di cui il nuovo popolo di rese protagonista. Ciononostante, le saghe islandesi sono identificabili molto più come elaborazioni artistiche che come riflessioni storiche.

Pagina di un manoscritto islandese del XV secolo

La loro evoluzione stilistica può essere suddivisa in tre periodi principali: il primo (1200-1250) è composto da quelle opere che si distinguono per una forte incidenza di un linguaggio arcaico, di elementi propri dell’oralità e da poca coerenza di struttura della trama; il secondo (1250-1300), chiamato periodo classico, è connotato da un forte realismo narrativo e da quelle caratteristiche stilistiche che portano il genere alla sua massima espressività artistica e armoniosità complessiva; nel terzo (dal 1300), si attua un superamento delle convenzioni tipiche raggiunte nell’epoca precedente. Ci si allontana dunque dal realismo narrativo, temi e vicende sono altamente influenzate da motivi folkloristici e non sono rare le commistioni tra generi. Ma quali sono i principali generi delle saghe islandesi?

  • Íslendingasögur (= Saghe degli islandesi)

Sono ambientate durante o successivamente l’insediamento in Islanda (874-1000) e solitamente i personaggi protagonisti delle vicende sono storici, cioè realmente esistiti. È il genere autoctono dell’isola, e durante le lotte per l’emancipazione dalla Danimarca (dunque, a partire dall’Ottocento) sarà usato dagli indipendentisti come cavallo di battaglia per la costruzione di un’identità nazionale autonoma. In realtà anche gli altri generi, nonostante siano nati dall’apporto delle altre letterature europee, presentano notevoli elementi di originalità.

  • Heiligra manna sögur (= Saghe dei santi)

Questo genere comprende sia le opere tradotte dal latino e dalle altre lingue straniere, sia quelle autoctone, cioè prodotte in Islanda. Secondo gli studiosi, con ogni probabilità si tratta del primo genere letterario introdotto in Islanda e infatti la maggior parte della produzione si situa circa un secolo prima delle Saghe degli islandesi, cioè nel XII secolo.

  • Fornaldarsögur (= Saghe leggendarie)

Trattano di eventi e personaggi ambientati nell’antico mondo del Nord, molto prima che iniziasse l’insediamento sull’isola. Molto spesso i protagonisti sono eroi mitici che vivono per centinaia di anni, dotati di poteri straordinari e in lotta contro creature fantastiche e sovrannaturali. C’è una forte incidenza di elementi teatrali e meravigliosi, e vi sono anche forti legami con l’Edda Poetica (la raccolta fondamentale di poemi mitologici norreni). In origine il genere fu importato dalla Norvegia, a opera del re Hákon Hákonarson, nel XIII secolo. Lo scopo era quello di emulare la produzione artistica delle più famose corti inglesi e francesi.

  • Riddarasögur (= Saghe dei cavalieri)

Anche in questo caso il genere comprende sia le opere tradotte dalle altre lingue europee sia quelle prodotte in Islanda. Trattano le vicende di specifici personaggi europei (per esempio, Tristano e Isotta, re Artù etc.), con elementi sia inerenti all’ideologia cortese sia meravigliosi. La loro trasmissione sull’isola consentì agli islandesi di approcciarsi al mondo letterario europeo. La loro datazione è molto tarda, infatti cominciarono a diffondersi a partire dal XIV e XV secolo.

Incontro di Gunnar e Hallgerda, due personaggi della Saga di Njáls

All’interno delle saghe, largo spazio è riservato alle questioni familiari e, dunque, alle donne. Alcune saghe in particolare mostrano di avere molto a cuore la divisione degli individui in ruoli generici in base al sesso biologico di appartenenza, nonostante all’epoca non si disponesse delle definizioni e delle nozioni linguistiche adeguate che conosciamo oggi. I personaggi femminili che popolano le saghe antiche sono classificabili in quattro tipologie principali:

  • La vendicatrice

Un tema molto forte nelle saghe, soprattutto nelle Íslendingasögur, è la preservazione dell’onore familiare, che può essere minacciato da personaggi esterni al nucleo. È proprio questa la motivazione che muove questa figura, che uccide chiunque abbia macchiato il suo onore o dei suoi figli. È da notare, inoltre, che molto spesso per la donna vendicatrice i legami familiari siano molto più forti di quelli matrimoniali, perciò se il marito commette un oltraggio verso i figli o i parenti della donna, ne pagherà comunque care le conseguenze. Soprattutto le opere più antiche si soffermano sulla rabbia e l’aggressività congenita a queste figure, che partecipano senza alcuno scrupolo agli atti di violenza. I testi scritti in epoca più tarda, invece, provvedono ad arricchire la loro psicologia di risvolti sentimentali e dunque anche di una sorta di evoluzione psicologica: l’atto violento non viene giustificato solamente da un senso dell’onore ferito, ma anche dall’amore, e inoltre può essere seguito dal rimpianto per le proprie azioni.

  • La sacerdotessa

Nelle primissime saghe, precedenti alla diffusione del Cristianesimo (la cristianizzazione dell’isola fu completata intorno al 1000), la magia e il sovrannaturale erano principalmente associati alle figure femminili, probabilmente perché, secondo le leggende, la magia sarebbe stata trasmessa proprio grazie a Freyja. Tipicamente questi personaggi sono dotati di alcuni oggetti magici e rappresentati all’interno di un ambiente naturale nell’atto di compiere rituali magici. Ciò si riflette nella credenza popolare che tutte le donne possedessero qualità profetiche e sacre e che i loro vaticinii o consigli non potessero in alcun modo essere rigettati (pena il malocchio). Con la diffusione del Cristianesimo il loro ruolo fu sempre più impersonato dagli uomini, e la loro importanza diminuì in maniera drastica.

  • La guerriera

Nonostante siano sempre rappresentate all’interno di armature scintillanti e nell’atto di immischiarsi in una battaglia, non svolgono mai un ruolo di rilievo. Sono ostili, assetate di sangue, forti e indipendenti solo fino alla prevedibile e necessaria istituzionalizzazione del matrimonio. Sono concepite principalmente come supporto o protezione dei personaggi maschili all’interno di scenari di guerra. Con l’evoluzione dei generi, diventarono per lo più personaggi negativi.

  • La maliziosa
Morte di Kjartan Ólafsson, Laxdœla saga.

Affine alla vendicatrice per quanto riguarda le ragioni profonde del suo agire, questa figura ha il ruolo cardine di operare al fine di preservare l’onore della famiglia, attraverso la manipolazione delle controparti maschili affinché agiscano in maniera concreta. Tale manipolazione può avvenire attraverso sotterfugi o insulti diretti. Nella prospettiva sociale il suo operato è considerato retto e giusto, dal momento che attraverso l’istigazione della violenza maschile si adopera per ripristinare l’onore danneggiato in precedenza. La diffusione del Cristianesimo anche in questo caso determinò una drastica diminuzione della sua importanza, poiché sostituì il valore dell’onore familiare con quello della compassione e del perdono.

È bene notare che queste tipologie appena descritte non corrispondono in alcun modo a figure di donne reali – non hanno cioè alcuna rilevanza storica. Sono figure, emanazioni della fantasia e della percezione di scrittori maschili riguardo ciò che doveva significare il ruolo femminile. Sono dunque classificabili in quanto stereotipi di genere all’interno del più ampio sistema della letteratura.

Un’altra caratteristica fondamentale delle figure femminili all’interno delle saghe, ed è proprio quella che fa emergere la natura maschile delle prospettive letterarie, è il fatto che esse non siano mai legate da rapporti di amicizia. La loro sfera dei sentimenti è unicamente costruita attorno al vincolo di sangue o a quello matrimoniale. Secondo gli studiosi, questa vistosa assenza di legami amicali femminili è dovuta non solo al fatto che nella mentalità islandese medievale l’amicizia fosse inerente alla sfera politica, da cui le donne erano escluse, ma soprattutto al fatto che il suo realizzarsi poteva minacciare di sovvertire le strutture politiche e sociali classicamente definite secondo le divisioni in ruoli generici. Non solo: l’amicizia femminile era guardata con sospetto proprio perché poteva distruggere i legami di parentela. Quale figura sarebbe rimasta, allora, a ricordare agli uomini di preservare un vuoto senso dell’onore?

 


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