Gli italiani e la lettura: quanto si legge?

A fine giugno scorso, faceva scalpore l’affermazione della Sottosegretaria alla Cultura, la leghista Lucia Borgonzoni, che asseriva di non leggere da tre anni, dichiarando di dedicarsi allo studio più per questioni lavorative. Il clamore non ha tardato a destarsi proprio in virtù del fatto che Borgonzoni ricopre il ruolo di sottosegretario alla cultura. La stessa ha poi dichiarato che forse in futuro frequenterà più spesso teatro e cinema. Nessuna menzione ai libri. Il suo è un caso isolato? Qual è lo stato della lettura in Italia?

Segnali sconfortanti giungono anche dagli esami di maturità. Il sito skuola.net ha raccolto testimonianze di studenti su alcuni errori dei compagni. I Malavoglia sarebbe stato scritto da D’Annunzio (definito ‘estetista’), al quale è stata attribuita anche la poetica del fanciullino. Leopardi sarebbe stato un illuminista, Dante invece un poeta milanese. Altri errori poi sfidano anche il ragionamento, perché qualcuno è convinto che Gente di Dublino di Joyce sia ambientato a Londra.

Questi strafalcioni, così come quelli che girano in varie interviste postate sul web e i social, e gli analfabeti funzionali che affollano questi ultimi fanno pensare a una situazione abbastanza negativa per quanto riguarda il rapporto degli italiani con la lettura.

In base ai dati dell’AIE (Associazione Italiana Editori) la situazione sembra però abbastanza complessa. Vero è che dal 2000 al 2016 la percentuale di persone che ha letto almeno un libro in un anno è salita dell’ 8,2% . Il picco è stato raggiunto nel biennio 2010-2012 con una percentuale del 46%. Questi dati però, se analizzati in base all’età evidenziano una tendenza tutt’altro che rosea.

Le percentuali più alte di lettori si hanno infatti tra i più giovani. Nel 2017 rimangono i lettori più assidui: l’86 % dei ragazzi tra i 15 e i 17 anni, e l’87% di quelli tra i 18 e i 24. Mentre salendo con l’età si abbassano le percentuali. Dai 25 ai 44 anni si ha infatti un 73% e dai 45 ai 54 un 76%. Con un drastico calo al 36% degli intervistati tra 65 e i 74 anni. Si potrebbe pensare che i giovani leggano di più grazie alle nuove tecnologie, quali ebook e audiolibri. Tuttavia, nonostante il fatto che anche per quanto riguarda questi canali di lettura i giovani registrino le percentuali più alte (57% e 53% nelle due fasce citate), ben più alta è quella relativa ai libri cartacei (79% e 84%).

Minore è però il tempo che i giovani dedicano quotidianamente alla lettura. Solo il 5% della fascia 15-17 anni legge almeno una volta al giorno, mentre lo fa il 23% di quelli tra i 18 e i 24 anni. La percentuale scende al 16% tra i 25 e i 54 anni, e drasticamente al 3% per gli over 54.

Pur articolando una riclassificazione, cioè considerando la lettura in maniera più articolata, la posizione dell’Italia rimane comunque non buona. Se si considera la lettura in senso lato tra il 2000 e il 2015 circa il 60% degli intervistati ha letto un libro cartaceo. Quasi la metà di essi legge nel tempo libero, ma una buona parte, circa il 20%, legge libri professionali o educativi. Vi è poi una percentuale del 11/12% di lettori inconsapevoli. In questo 60% circa che ne emerge, l’Italia è al di sotto della media rispetto a paesi che superano il 70%, come Svezia, Austria e USA, o l’80% come Francia, Belgio e Regno Unito, mentre la Norvegia raggiunge il 90%.

Quali sono i motivi di questi bassi livelli di lettura? Molti non lettori asseriscono di non avere tempo, ma si tratta molto probabilmente di una scusante. Se è vero che i ritmi di vita di oggi, soprattutto a causa del lavoro, sono serrati è anche vero che a dichiararlo sono più gli uomini delle donne. Queste ultime però dispongono di ancor meno tempo libero, considerato che, oltre a lavorare, si occupano anche della casa e di eventuali figli. Come indicato da Riccardo Franco Levi, direttore dell’AIE, dietro a questi bassi indici di lettura potrebbe nascondersi la concezione che il libro sia qualcosa di non edificante.

Un vedere il leggere come attività noiosa vissuta come obbligo durante gli studi. Levi indica come:

“centrale il ruolo che i soggetti delegati alla socializzazione della lettura, e in primo luogo scuole e biblioteche dovranno svolgere nei prossimi anni. Tra iniziative di promozione del libro e della lettura sviluppate in questi anni e promosse dall’Associazione Italiana Editori ricordo #ioleggoperché che ha permesso alle scuole di dotarsi o rafforzare le proprie biblioteche scolastiche.”

Il motivo non è neanche di ordine economico, dato che in pochi (8%) hanno parlato di prezzi alti. Tanto meno è legato alla preferenza di radio, tv e nuove tecnologie, citata solo dal 6%. Quindi si tratta di una questione di invogliare. Come sostiene Levi:

“bisognerebbe attuare un impegno continuo: risorse maggiori investite in infrastrutture per la lettura o in campagne capaci di far comprendere l’importanza che questa attività ha per l’individuo e per il sistema Paese possono migliorare in modo significativo questi dati.”

Bisogna creare non solo la voglia di leggere, ma far si che la lettura venga percepita come un’attività arricchente e divertente. Probabilmente dietro al calo dei lettori con il passare degli anni vi è un problema a monte: la lettura non proposta al di là degli obblighi scolastici la fa percepire come passatempo secondario, per il quale una volta che si vivranno i ritmi dell’età adulta non si avrà più spazio.

Fondamentale è il ruolo degli adulti: i bambini con genitori lettori leggono di più; se circondati dai libri i bambini sono più stimolati e curiosi. Soprattutto vivranno la lettura come un’attività naturale e a sé stante rispetto la scuola. Mantenere alto il livello di lettura è necessario perché leggere ci rende più consapevoli del mondo che ci circonda e di quanto vi avviene. Quindi più liberi.



 

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