Marketing multiculturale: come l’approccio alle culture può influenzare le scelte di mercato

Il mercato cresce nelle sue diversità e i brand, se vogliono in futuro restare rilevanti e avere una voce in capitolo, devono riuscire a creare connessioni con il nuovo pubblico. rigorosamente multiculturale. Ebbene sì: il mondo della pubblicità e delle scelte di mercato si sta trasformando – e deve continuare a farlo – per rendersi uno spazio sempre più culturalmente consapevole.

In un primo momento, il marketing multiculturale veniva visto quasi esclusivamente da un punto di vista etnico, imprimendo maggiormente l’attenzione sulle diversità e sui confini, con il rischio altissimo di generare separazione. Al contrario, invece, esso si gioca in toto sulla possibilità di creare aggregazione e sul generare un senso di collettività pur mantenendo il rispetto delle differenze culturali. Già all’inizio degli anni 2000 questo bisogno di coesione iniziava a farsi sentire in modo impellente, tanto che Herb Scannel, l’allora presidente del canale televisivo per bambini Nickelodeon, decise di non sottovalutare l’ondata di cambiamenti demografici negli USA per lanciare un nuovo cartoon con protagonista una bambina latina di 7 anni e il suo amichetto Boots: è nata così Dora l’Esploratrice (in origine Dora The Explorer o Dora la Exploradora), che ha permesso l’incontro tra inglese, spagnolo e spanglish, e l’avvicinamento e l’apprendimento reciproco tra americani e latini.

Ora come ora, un certo numero di brand si è dimostrato molto più sensibile nei confronti del genere, della razza, della religione, persino di precise nazionalità: ne sono un esempio la nota marca di cereali Cheerios, già dal 2013, o Corona Extra e Coca-Cola in occasione del Super Bowl del 2014. Eppure è vero anche il contrario, nel senso che molti altri ancora non hanno intrapreso la strada verso la multiculturalità. Il motivo principale riguarda una mancanza di conoscenza, poiché non si ha piena consapevolezza dell’importanza dei diversi punti di vista nel marketing o delle sfaccettature multiculturali che un prodotto può offrire. Segue poi il pensiero che esso non sia necessario, e di conseguenza non sia una priorità soprattutto a livello di budget.

Basterebbe tuttavia dare un’occhiata ai numeri per capire quanto sia necessario il marketing multiculturale: negli Stati Uniti, considerati prima “Melting Pot” e poi, più propriamente, “Salad Bowl”, il 38% della popolazione ha un background multiculturale, per un totale di circa 120 milioni di persone, delle quali 40 milioni sono i nati in terra straniera; si stima inoltre che la popolazione multiculturale crescerà di circa 2,3 milioni di persone all’anno, con un declino della popolazione bianca. Anche l’Italia sta diventando sempre più multiculturale: gli ultimi rapporti del Ministero dell’Istruzione rivelano che uno studente su dieci è straniero, e si dichiara che “gli scolari di origine migratoria rappresentano quindi la componente dinamica del sistema scolastico, che contribuisce con la sua crescita a contenere la flessione della popolazione scolastica complessiva, derivante dal costante calo degli studenti italiani”.

Ovviamente, a rendere ancora più complicata la questione è il ruolo giocato dai nuovi media poiché, come è ben noto, il linguaggio in uso è ben diverso, così come sarà diverso il comportamento del consumatore; tuttavia, è altrettanto vero che le nuove tecnologie quotidiane permettono di personalizzare in modo estremamente preciso le proprie preferenze e scelte di consumo. Amazon, che è un colosso a livello mondiale, è un caso rappresentativo a riguardo, in quanto riesce a stilare elenchi di libri, musica e film solo in base alle ricerche o agli acquisti effettuati più recentemente. Altre aziende, come Starbucks, inviano notifiche dall’app quando ci si trova nei dintorni, attivate dalla geolocalizzazione dei dispositivi mobili. In breve, insomma, le tecnologie permettono alle compagnie e ai brand di “conoscere” i propri clienti e di approcciarsi come ritengono sia più corretto.

Per questi motivi i brand devono sviluppare delle strategie di marketing più complete. Alcuni elementi per migliorare le campagne pubblicitarie potrebbero essere, per esempio, assicurarsi che le tecniche di marketing digitale combacino con i valori e i comportamenti delle culture verso cui si indirizzano (Come si relaziona con il mio pubblico? Come fare in modo che il pubblico senta che questo prodotto/servizio/brand potrà aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi?); usare intrattenimento e musica come strumenti fondamentali, cercando di capire quale sia il genere più appetibile; tentare delle campagne bilingui, ove possibile, o che mettano in risalto le caratteristiche comuni e i punti di incontro tra le culture; sviluppare contenuti coesi e condivisibili da più punti di vista e programmarli in modo efficiente per creare e/o incrementare la fiducia e la fedeltà nei confronti del brand.

Marc Pritchard

P&G, il gigante mondiale, ha recentemente ampliato la sua posizione a riguardo al Cannes in Colour, l’evento tenutosi il 19 Giugno da Spotify: secondo Marc Pritchard, portavoce di Procter&Gamble, infatti, “i giorni di un pubblico generale e di un marketing generico sono finiti, ed è una cosa buona. Le persone vogliono vedere loro stesse, e vedere dei brand con dei punti di vista molteplici – è questo che riuscirà a connettere le persone”.  Tanto che l’azienda ha deciso di lanciare un certo numero di iniziative, proprio a Cannes, per migliorare i ritratti delle persone all’interno delle sue pubblicità attraverso un ampliamento delle diversità nella catena, con la speranza che questo possa condurre alla rappresentazione di culture diverse che siano al 100% accurate e positive nei media e nelle campagne pubblicitarie.

È dunque necessario che i marketers, coloro che si occupano del marketing, riescano a compiere dei cambiamenti in positivo sulla segmentazione dei gruppi che precedentemente si sentivano delle minoranze, lasciate in un angolo. Devono comprendere e imparare a costruire dei piani di marketing basati su una serie di valori culturali, di nuovi concetti di famiglia e di insights, dei punti di vista dall’interno, ecc., anziché affidarsi esclusivamente a dati sterili. Le complessità comportamentali nelle scelte di mercato dei consumatori continuano a evolversi, implicando il bisogno di strategie che siano più significative e che possano tradursi in relazioni brand-consumatore maggiormente di successo.


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