Prima guerra di mafia

Con prima guerra di mafia si intende quel conflitto interno a Cosa Nostra che durante gli anni 1962-63 seminò un incredibile numero di morti. Da una parte c’era la cosca di Salvatore Greco che operava nella zona di Ciaculli, appena fuori Palermo, e che tra i suoi alleati poteva vantare Luciano Liggio. Dall’altra invece i fratelli Angelo e Salvatore La Barbera, capi di Palermo centro, con buoni rapporti con Salvo Lima (politico della Democrazia cristiana) e Tommaso Buscetta. Questi due schieramenti potevano vantare un pedigree mafioso quasi identico, non c’era contrapposizione tra mafia “vecchia” e mafia “nuova”.

La causa scatenante della guerra fu una truffa riguardo una partita di eroina. I La Barbera e i Greco erano compartecipi nelle spedizioni di stupefacenti provenienti dall’Egitto. Un loro uomo, Calcedonio Di Pisa, era responsabile della merce destinata a New York. Ma i mafiosi di Brooklyn scoprirono che i pacchetti recapitati non contenevano la quantità pattuita. Tutti i sospetti andarono su Di Pisa che però venne assolto dall’accusa in una riunione della Commissione mafiosa. La decisione tuttavia non soddisfò i La Barbera che non celarono il proprio malcontento.

Angelo La Barbera

Il 26 dicembre 1962 Di Pisa venne trovato morto. I Greco imputarono l’uccisione ai La Barbera e questo scatenò immediatamente il conflitto. Non passava giorno senza che qualche corpo venisse trovato per le strade di Palermo. Lo stesso Salvatore La Barbera rimase vittima dello scontro tra i clan e Angelo si salvò miracolosamente da un attentato dopo essere fuggito a Milano. Poi egli venne arrestato in un ospedale milanese mentre si stava curando le ferite. Nel febbraio del 1963 una macchina imbottita di esplosivo distrusse la casa di Salvatore Greco, il quale però rimase incolume. Lo Stato non si preoccupò particolarmente, dato che le vittime degli scontri erano appartenenti a organizzazioni mafiose.

La svolta si ebbe quando, il 30 giugno 1963, a Ciaculli un uomo telefonò alla questura di Palermo per denunciare l’abbandono di un’auto sul suo terreno. Temendo si trattasse di un’autobomba, le forze dell’ordine si allarmarono. Arrivate sul luogo, notarono una bomba sul sedile posteriore e la disinnescarono. Ora, credendo di essere al sicuro, aprirono il bagagliaio per ispezionare l’auto, ma l’apertura provocò una violenta esplosione. Sette uomini persero la vita nella deflagrazione. Di fronte all’attentato di Ciaculli finalmente lo Stato e l’opinione pubblica reagirono. Si procedette all’arresto di numerose persone (circa 2000) e al sequestro di un’ingente quantità di armi. Finalmente il problema mafioso venne preso sul serio e in poco tempo si mise fine alla guerra.

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Michele Cavataio, ucciso nella strage di viale Lazio

Il termine vero e proprio del conflitto si ebbe però solo il 10 dicembre del 1969, con la strage di viale Lazio. Un commando di uomini ben armati e vestiti da poliziotti irruppero in una palazzina di Palermo. Ci furono 5 morti tra i quali venne identificato dalle forze dell’ordine il bersaglio principale, cioè Michele Cavataio. Secondo l’opinione mafiosa infatti Cavataio si era reso responsabile della morte di Di Pisa, causando così la prima guerra di mafia. Il suo scopo era scatenare uno scontro tra le cosche in modo da sbarazzarsi dei propri nemici e perseguire i suoi interessi. Nel gruppo di persone incaricate del raid da Salvatore Greco, c’erano nomi importanti come Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella (che morì nella spedizione). Questo episodio servì proprio a loro, i corleonesi, che riuscirono ad acquistare maggior potere in Cosa Nostra, con le conseguenze sulla storia italiana che tutti sappiamo.

 


FONTI

John Dickie, Cosa nostra. Storia della mafia siciliana, Laterza 2007

 

 

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