Polli d’allevamento: quando Gaber disse no al PC (parte 2)

La giustificazione a un simile approccio (di cui abbiamo parlato qui) va ricercata nell’analisi sociale che Gaber (coadiuvato da Luporini) era stato in grado di fare, con netto anticipo rispetto a qualsiasi coevo mezzo di comunicazione o personaggio politico. Egli aveva fiutato dove saremmo andati a precipitare. Si pensi all’avversione verso la tendenza a viziare eccessivamente i propri figli, soprattutto con inutili oggetti, che, per mezzo di una geniale personificazione, nell’omonimo brano, salgono al potere e scelgono noi cittadini. Impossibile non utilizzare il concetto oggi, in particolare in riferimento a quel che sono diventati gli smartphone: si potrebbe definire semplicemente profetico. Come proferico è quel “è giusto che la gente si difenda da sola” che emerge dal brano La pistola, che rimanda infatti all’attualissimo tema della legittima difesa.

Giorgio Gaber

In generale, si percepisce come l’autore denunci la perdita della giusta rotta (“le idee sono buone, ma la costola è malandata”, in Eva non è ancora nata), a favore di un “rammollimento” comune, ben spiegato in La festa. Da che cosa non si riesce più a strappare gli uomini? A che cosa sono incollati? Uno dei marchi di fabbrica Gaberiani (oltre all’uso insistito di onomatopee) è un elenco atto a disorientare l’ascoltatore, e propedeutico all’introduzione di un ultimo sostantivo che disvelerà il vero significato della canzone. Qui si parla prima di “speranza”, “allegria” ed “emozioni”, salvo poi tirare in ballo l’idiozia”. L’uomo è sempre più “deficiente” e “devastato”: non c’è niente da festeggiare. Le idee non sono un bene, e L’ingenuo non fa altro che rimbalzare da una idea all’altra, totalmente suggestionabile e privo di capacità critica.

Come se non bastasse, neanche partecipare attivamente in politica sembra essere una soluzione ottimale:

ogni volta che entro a far parte di un collettivo, mi sembro più solo e più cattivo”, si ode ne L’uomo non è fatto per stare solo.

Tombale e durissimo, Gaber non lascia intravedere speranze o soluzioni. Anzi, rincara la dose in Guardatemi bene, dove indossa i panni di un ventenne disilluso che accusa le generazioni precedenti – di cui è “figlio, creazione, prodotto” – ree di non aver fatto niente per impedire che i suoi occhi diventassero “drogati e corrotti”. Ma soprattutto, per mezzo di una metafora degna di Menenio Agrippa, si scopre come egli non sia altro che lo specchio di chi lo sta ascoltando, così l’ “avete visto come sono ridotto?” diviene “avete visto come siete ridotti?”. Resta dunque il Suicidio, trattato nel monologo che precede forse l’unica canzone di Polli d’Allevamento entrata a far parte delle varie raccolte antologiche su Gaber, uscite negli anni avvenire: Quando è moda è moda.

Stiamo parlando di quasi sette minuti di punchline (termine che nel rap sta ad indicare rime d’impatto): è un manifesto che non lascia spazio a fraintendimenti. Il climax è lento, ma inesorabile. Gaber ci tiene a prendere le distanze con chiarezza: lui è “diverso”. Inutile tentare di riassumere la potenza e l’unicità delle ultime strofe, che riporto integralmente:

Io per me se ci avessi
la forza e l’arroganza
direi che non è più tempo
di fare mischiamenti
Che è il momento di prender le distanze
che non voglio inventarmi più amori
che non voglio più avervi come amici
come interlocutori

Sono diverso e certamente solo
sono diverso perché non sopporto
il buon senso comune
ma neanche la retorica del pazzo

Non ho nessuna voglia
di assurde compressioni
ma nemmeno di liberarmi a cazzo

Non voglio velleitarie mescolanze con nessuno
nemmeno più con voi
ma non sopporto neanche
la legge dilagante del “fatti i cazzi tuoi”

Sono diverso sono polemico e violento
non ho nessun rispetto per la democrazia
e parlo molto male di prostitute e detenuti
da quanto mi fa schifo chi ne fa dei miti

Di quelli che diranno
che sono qualunquista
non me ne frega niente
non sono più compagno
né femministaiolo militante

Mi fanno schifo le vostre animazioni
le ricerche popolari e le altre cazzate
e finalmente non sopporto le vostre donne liberate
con cui voi discutete democraticamente

Sono diverso perché quando è merda è merda
non ha importanza la specificazione

 

Copertina di Giorgio Gaber Qualcuno era comunista

Chi andava al teatro canzone era spesso tendente a sinistra, se non proprio iscritto al partito. Allo stesso tempo, a differenza di ciò che accadeva nei concerti, dove la gente andava a cantare parole e melodie (a proposito, quelle del 1978 furono riarrangiate niente po po di meno che da Franco Battiato) già conosciute, gli spettacoli del signor G. erano delle vere e proprie sorprese. Più volte alla fine di Polli d’Allevamento, portato in scena tra il 1978 e il 1979, agli applausi si mischiarono sonori fischi. Perché Giorgio Gaber non ha mai voluto fare altro se non esprimere sempre e comunque la propria opinione, con modestia e responsabilità. Per questo suo modo di intendere la professione del cantautore ritengo sia necessaria una forma di gratitudine.

PRIMO TEMPO

  1. Introduzione-prosa
  2. Timide Variazioni
  3. Chissà Nel Socialismo
  4. Prima Dell’Amore (prosa)
  5. L’Esperienza
  6. La Paura (prosa)
  7. La Pistola
  8. Il Vecchio (prosa)
  9. I Padri Miei
  10. I Padri Tuoi
  11. Gli Oggetti (prosa)
  12. La Festa

SECONDO TEMPO

  1. Situazione Donna (prosa)
  2. Eva Non È Ancora Nata
  3. Dopo L’Amore (prosa)
  4. L’Uomo Non È Fatto Per Stare Solo (canzone-prosa)
  5. L’Ingenuo (prosa)
  6. Polli D’Allevamento
  7. Il Palazzo (prosa)
  8. Salviamo ‘Sto Paese
  9. Guardatemi Bene
  10. Il Suicidio (prosa)
  11. Quando È Moda È Moda
  12. Finale

 


FONTI

Il mio amico Giorgio Gaber di Gianpiero Alloisio
giorgiogaber

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