Il soave canto dei castrati

Le voci maschili e femminili, come ben sappiamo, cambiano nel corso dell’adolescenza, e tale mutamento è ben più evidente negli uomini. Per mantenere inalterata la voce dei bambini nel corso della crescita, e trasformarli così in cantanti unici nel loro genere, per secoli si è praticata la castrazione su ragazzini di otto o dieci anni, molti dei quali sono diventati vere e proprie star del mondo dell’opera lirica o della musica religiosa.

Il più celebre castrato della storia è Farinelli (1705-1782), una vera e propria celebrità dell’epoca che girò l’Europa per cantare nelle più prestigiose corti del continente. La sua biografia è raccontata, anche se romanzata, nel film Farinelli – Voce Regina. Non esistendo al mondo più alcun cantante castrato, nel film la voce di Farinelli è stata realizzata mediante un mix di un contraltista uomo e di un soprano donna.

I cantanti castrati avevano molti nomi: cantori evirati o soprani naturali (in contrapposizione con soprani artificiali, gli uomini non castrati che cantano in falsetto), che erano i più comuni. Il loro successo raggiunse l’apice nei secoli XVII-XVIII, per tramontare nel XIX secolo.

Esistevano molte tecniche per praticare la castrazione, ma erano tutti metodi molto rischiosi per le pessime condizioni igieniche in cui si svolgeva l’operazione e per le arretrate conoscenze mediche. L’operazione prevedeva che la laringe e l’estensione vocale si mantenessero inalterate nel corso della crescita e il timbro si sviluppasse con caratteristiche peculiari. Veniva inibita la produzione di spermatozoi rendendo così il cantante sterile, ma la persona era ancora in grado di produrre liquido seminale e di avere un normale rapporto sessuale, pertanto si conoscono castrati che avevano anche molti amanti, sia uomini sia donne. Circolavano addirittura dicerie sulle straordinarie doti amatorie dei castrati.

Il primo impiego dei castrati nella musica risale all’impero bizantino. Scomparvero poi per circa tre secoli, per ricomparire in Italia nel XV secolo dalla Spagna, dove gli eunuchi erano diffusi presso gli arabi con varie funzioni, come quella di custodi dell’harem.

L’impiego dei castrati nella musica era preferibile a quello delle voci bianche, che erano sfruttabili solo per pochi anni ed avevano meno esperienza di un uomo adulto. Le donne inoltre non potevano cantare in chiesa. Le opere di Hendel prevedevano molto spesso opere per castrati, che oggi vengono eseguite da cantanti donne. Un’altra opera molto cara a noi de Lo Sbuffo è L’incoronazione di Poppea di Monteverdi. L’aria finale Pur ti miro è una soave canzone d’amore cantata da Poppea (soprano) e Nerone (castrato). Non stupitevi se nel video che vi proponiamo Nerone è interpretato da un uomo anziché una donna: oggi nessuno viene castrato per intraprendere la carriera musicale, esistono però alcuni rarissimi uomini che nascono con un timbro vocale femminile.

I castrati nell’opera lirica interpretavano i ruoli più eroici nonostante venissero spesso derisi per il loro aspetto e la voce acuta, mentre le voci maschili tradizionali erano considerate troppo realistiche, volgari e poco portate al virtuosismo, pertanto erano considerate adatte solo a ruoli secondari o comici.

La Chiesa ebbe un ruolo ambiguo nell’impiego dei castrati in musica. Ufficialmente operare i bambini era una pratica punibile con la scomunica, pertanto le castrazioni venivano effettuate clandestinamente, e di fatto nelle cappelle delle chiese di tutta Italia venivano assunti castrati. La pratica divenne illegale solo nel 1861, con l’Unità d’Italia.

Per diventare cantanti era necessario studiare molte ore al giorno nelle scuole di canto, dove la disciplina era rigida per preparare al meglio i ragazzi, ma non sempre gli studenti raggiungevano il successo nell’opera lirica o nelle cappelle ecclesiastiche: molti diventavano semplici insegnanti di musica, oppure fallivano del tutto e vivevano nella miseria.

Ma chi era disposto a praticare un’operazione così barbara su un ragazzo? Nel XVIII secolo, nell’epoca d’oro dei castrati, si stima che circa 4000 ragazzi venissero castrati ogni anno. Si trattava per lo più di orfanelli, o figli di povera gente, venduti dai genitori al clero o ad un maestro di canto, sperando che potessero così raggiungere fama e successo. Ci sono anche casi di giovani che chiedevano spontaneamente di essere castrati, come il celebre Caffarelli.

Alessandro Moreschi (1858-1922) fu l’ultimo castrato di cui abbiamo testimonianza, era chiamato l’Angelo di Roma ed era molto famoso, sebbene morì in solitudine. Di lui si sono conservate le uniche registrazioni musicali di un castrato a nostra disposizione. La qualità dell’audio non è eccelsa perché si tratta di registrazioni del primo Novecento (1904), inoltre il cantante in quel periodo era già in declino ed era molto emozionato per il fatto di dover cantare all’interno di un imbuto (le sale di registrazione non erano comuni all’epoca), ma si tratta comunque di una testimonianza unica nel suo genere.


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