LE MILLENNIALS NEL POP ITALIANO: INTERVISTA A CECILIA STALLONE

Diamo uno sguardo ai Millennials – e in particolare alle donne Millennials nel campo musicale.

Osservando  la musica leggera italiana oggi, notiamo come essa appaia carente di giovani cantanti donne (dette anche Millennials, cioè nate cioè dopo il 1980 e attive dopo il 2000).

L’ultimo Festival di Sanremo ne ha dato prova: pochissimi i nomi femminili in gara (4 su 20) e i  vincitori dei primi due posti sono uomini (Fabrizio Moro e Ermal Meta, Lo Stato Sociale), mentre  il terzo posto, assegnato ad Annalisa, pare un po’ un premio di consolazione, come per evitare che si dica che la musica italiana è dominata esclusivamente dal sesso maschile.

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Le grandi cantautrici italiane – per quanto riguarda il mainstream, perlomeno – attualmente si possono annoverare sul palmo di una mano: Nina Zilli, Noemi, Annalisa, Emma Marrone, Levante, e comunque, anche queste, non raggiungono nemmeno lontanamente il prestigio e la popolarità dei loro colleghi maschi.

Come mai? Forse perché  ultimamente i prodotti musicali di maggior tendenza appaiono inadatti all’espressività femminile? Oppure perché le donne si concentrano più su altri ambiti anziché quello musicale? O, ancora, poiché le cantanti non si autorizzano a creare musiche e  testi? Magari perché l’ambiente della musica leggera italiana – quella portatrice di fama, soldi e potere – è appannaggio maschile e come tale è ostile alle donne.

Il rap o la trap – nuova variante dell’hop-hop – paiono darne conferma: si può notare qui la totale assenza di donne, fatta esclusione per Baby K, la quale da tempo tuttavia appare di rado in radio e in televisione.

Il genere hip hop d’altronde è sempre stato un genere prevalentemente maschile, basato sullo sfoggio del proprio successo, sull’esibizione dei “soldi” guadagnati grazie ad esso e sulla denigrazione altrui. Nonostante ciò la domanda permane: il problema è una reale mancanza di ragazze che si cimentino nell’hip hop oppure il fatto che non viene dato loro spazio nè appoggio?

Un’altra opzione è che sia lo stesso pubblico ad essere un po’ misogino e a preferire l’ascolto e la visione di cantanti maschi, per abitudine o poiché forse essi appaiono più naturalmente portati al successo delle loro colleghe donne, come se fossero riconosciuti come leader dotati di maggior appeal.

La risposta è probabilmente un mix di queste considerazioni, che non sono comunque esaustive del problema, ma solo un primo tentativo di analisi.

Per avere un parere da chi vive sulla propria pelle questa situazione, ho intervistato Cecilia Stallone, cantante milanese, classe ’89, che vanta quasi dieci anni d’esperienza nel genere pop ed r’n’b e che offre un nuovo sguardo e punto di vista sulla questione.

Buongiorno Cecilia, a partire dalla tua esperienza, in quanto donna e “Millennial”, qual è la tua opinione sul sistema musicale italiano?

Il sistema musicale Italiano, a mio parere, è ridotto ai margini, in quanto il nostro paese ha smesso da tempo di investire nella cultura e nell’arte.

Al suo posto sono sorti i fast food della musica: talent, programmi televisivi in cui i partecipanti si sfidano in gare di karaoke.

Occorre innanzitutto fare una distinzione piuttosto netta tra ciò che è “mainstream” è ciò che non lo è perchè le regole del gioco sono ben diverse. Un conto sono i cantanti che ascolti in radio, un altro gli artigiani, quindi musicisti intesi come concertisti, insegnanti di musica, a volte addirittura artisti. Io appartengo alla seconda categoria.

Come per molti lavori artistici vi è la difficoltà di far passare il concetto che quello del musicista è un mestiere, una forma di artigianato, se vogliamo.

Forse il fatto che suonare sia un’attività piacevole lo rende meno nobile? Ho la sensazione che in Italia regni ancora una mentalità per la quale il lavoro debba essere di una noia mortale, altrimenti non è degno di questo nome. In conseguenza di tali difficoltà la quantità di lavoro in nero e sottopagato diventa incalcolabile.

Eppure un musicista diplomato in conservatorio ha alle spalle una preparazione decennale, quanto un medico professionista, talvolta.

Il sistema musicale è dominato da uomini, tanto per cambiare.

Trovo che sia difficile per le donne riuscire a riconoscersi in ruoli autorevoli e vincenti, anche quando le competenze sono solide. C’è molta strada da fare, ancora.

Ritengo che attualmente un musicista debba comportarsi come un imprenditore e quindi promuoversi con i social e i loro derivati.Questo, a mio avviso, toglie tempo e importanza allo studio e alla preparazione artistica ma ho la sensazione che sarà sempre più indispensabile.

Sono sicura che ci stiamo perdendo dischi meravigliosi solo perché alcuni artisti non hanno il talento di rendersi visibili attraverso i social e noi non sapremo mai di loro. Un vero peccato, ma è così e dobbiamo farci i conti.

Solo che un musicista e un venditore non sono la stessa cosa e dubito che geni come Fabrizio De Andrè o Theloniuous Monk avrebbero la possibilità di uscire, in questo sistema odierno.”

 


FONTI

Intervista a Cecilia Stallone

CREDITI

Immagine1 (nella gallery)

Immagine di © Nelson Corallo

 

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