Monina sì vs Monina no: la sfida del critico musicale

C’è chi lo ama, o lo idolatra, come preferisce scherzare lui, e chi lo detesta; Michele Monina è, nel bene o nel male, uno dei più discussi critici musicali italiani. Dopo aver scatenato l’ira funesta di artisti e fan club, e averne divertiti altrettanti con le sue provocatorie recensioni musicali, lo scorso 14 maggio ha deciso di polarizzare ulteriormente i lettori attraverso una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Musicraiser.

Monina sì vs Monina no“, questo il nome della campagna, che resterà attiva fino al 28 giugno. A differenza delle classiche campagne di crowdfunding, in cui c’è un obiettivo finale da raggiungere grazie alle donazioni dei sostenitori, effettuate in cambio di gadget o altri premi, qui i potenziali risultati finali sono due. Il progetto è infatti diviso in due sezioni: Monina sì, per la realizzazione di un magazine musicale interamente gestito dal giornalista e Monina no, per farlo smettere definitivamente di recensire.

Per invogliare le persone a contribuire a Monina sì, gli artisti hanno messo in palio dei premi, da dischi autografati a concerti in casa, da capi di abbigliamento indossati dalle star a cene o sessioni di scrittura in studio. Schierato dall’altra fazione invece, nessun premio in palio dai detrattori, ma una lista di divertenti premi che vanno dal costringerlo ad ascoltare l’album del proprio cantante preferito, fino al momento Marina Abramovic, in cui per 15 minuti un fan, o un artista, potranno dire al critico ciò che preferiscono senza che lui abbia la possibilità di ribattere. La ricompensa più eclatante? Il tatuaggio di un artista a scelta, declinabile in nome, volto o figura intera, a seconda delle donazioni.

Un progetto senz’altro provocatorio, che però porta a riflettere su due questioni interessanti. Innanzitutto su quale sia oggi il ruolo del critico musicale. Se in passato era una figura che consigliava o sconsigliava l’acquisto di determinati album, nel contesto di oggi, invece, è difficile delinearne il ruolo, dato che un album può essere ascoltato in streaming a due minuti dall’uscita, e decidiamo da soli se ne valga la pena o meno. Resta però un bisogno che va al di là delle modalità di fruizione, che è il bisogno di essere indirizzati e guidati durante l’ascolto. Monina, che da oltre vent’anni lavora in questo campo, si è dimostrato un critico sempre obiettivo, quali che siano i giudizi, positivi o negativi. “Se non ti piace, fai a meno di recensirlo”, scrive qualcuno a difesa del proprio beniamino, ma è proprio questa onestà intellettuale e la libertà di esprimere il proprio pensiero senza timore dei condizionamenti esterni, che fanno di Monina un critico musicale apprezzato e affidabile. Senza dubbio un po’ sopra le righe, ma onesto in un settore in cui spesso per paura di offendere qualcuno si dicono cose che non si pensano o si sceglie direttamente di non dire nulla. È più facile accaparrarsi il favore di artisti e lettori tessendo lodi, più difficile è fare la parte del cattivo; uno sporco lavoro, certo, ma qualcuno lo deve pur fare, a costo di essere bersaglio degli insulti degli haters.

È proprio sugli haters la seconda riflessione che emerge dal progetto di Monina: ad oggi, infatti, sono più di 5000 gli euro raccolti a favore della campagna Monina sì, e ancora zero quelli destinati a Monina no. L’odio si esprime a parole, ma non va oltre. È vero che non ci sono premi fisici come incentivo, e in questo caso forse gli esiti sarebbero diversi, ma l’esperimento ad oggi dimostra che al momento di prendere una posizione più decisa, il tutto finisce in un nulla di fatto.

E per fortuna.


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