In mare aperto

Sophie spostò il peso del corpo sull’altra gamba e voltò un’altra pagina del libro che teneva in mano. Scomoda, in piedi, aspettava che arrivasse il treno che l’avrebbe riportata a casa.

Leggeva del mare. Aveva una vera e propria fissazione – ammirazione e timore – per quell’immensa distesa di acqua; la ritrovava in tutto ciò che la circondava.
Tempestoso e quieto, iracondo e giocoso, nero come la notte e cristallino alla luce del sole, le pareva terribilmente e meravigliosamente umano.
Pensava non ci si potesse stancare mai, del mare; ha sempre qualcosa di nuovo da dirti.
È un po’ come le persone: con mille sfaccettature, buone o meno buone, ma, comunque, sempre diverse.
Le persone, con la loro gentilezza, i modi di fare stravaganti e tutte le contraddizioni del caso, le piacevano. Nutriva una spontanea fiducia nel genere umano, motivo per cui si tormentava quando, alla prova dei fatti, non tutte si rivelavano positive.
Aveva un debole per i buoni, quelli che

Scusi, sa dirmi quante fermate sono per…?

Solamente tre.

Oh, grazie, grazie mille davvero!

Quelli a cui lo leggi negli occhi, che sono buoni. E non è che gli occhi devono essere per forza azzurri o verdi, no. Non esiste questo genere di distinzioni, l’umanità è una sola e, come il mare, è sia buona che cattiva, dipende dall’onda, ma è una sola.
Le piaceva starsene lì, in piedi, a sfiorare con lo sguardo tutti quelli che la circondavano, pensando che ognuno di loro – nessuno escluso – aveva una storia da raccontare. Storie di vita quotidiana, certo, ma le più preziose, perché inconsapevoli, spontanee.
Era la sua timidezza che la portava a osservare – conservare meticolosamente negli anfratti della memoria – le storie degli altri, storie che si divertiva a invertire, combinare e inventare in un normalissimo quaderno a righe, dalla copertina blu.

Sophie amava Roma e amava Parigi – non riusciva a scegliere quale delle due preferisse – e ambientava quasi sempre lì le sue storie.
Era un’incorreggibile romantica, di quelle che credono nel destino, nel primo sguardo; di quelle che pensano che debba esistere un solo amore tutta la vita e, poi, si svegliano una mattina e sentono di essere nel bel mezzo di una tempesta.
Aveva paura di quel dolore – quel dolore la terrorizzava – non quello fisico, no, ma quello che arriva quando non te lo aspetti, quando non sei preparato; quello che porta via tutto e tu rimani immobile, mentre ti passa davanti, perché quello proprio non lo avevi immaginato.
Quello che arriva, arriva e basta, e tu non puoi farci nulla.

Metodica e ordinata, le piacevano i rituali: il caffè la mattina, la marmellata spalmata meticolosamente sul pane, il giornale aperto lì a fianco, un libro sempre nella borsa.
Come il libro sul mare, da quello non si separava mai.
Voleva riuscire a ricamare le parole sulle pagine, un giorno, come quei grandi scrittori che ogni volta sanno lasciarti a bocca aperta.
Voleva vivere la vita assaporandone ogni istante, viverla in modo intenso, ma con la leggerezza di un sospiro.

Lei era così e non sapeva dire se essere Sophie le piacesse o no.
Era libera di decidere per sé, però, e vivere la vita che voleva, e questo le bastava.


FONTI
Racconto di Valentina Cesarino

CREDITS
Copertina

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