“Leo-e-Thomas”, ovvero le “Camere separate” di Pier Vittorio Tondelli.

Nello scorso articolo (https://losbuffo.com/2018/06/07/le-orecchiette-e-le-cime-di-copertina/) abbiamo parlato di un libro prestatoci da una persona a noi molto cara; un libro che non avremmo voluto rovinare né macchiare di olio o di succo al mirtillo. E vi abbiamo promesso che nel prossimo articolo -questo- ve ne avremmo parlato. Quindi eccoci qui.

Camere separate è un bel libro di Pier Vittorio Tondelli; lo abbiamo iniziato con grandi aspettative, ci avevano parlato di un’appassionante e struggente storia d’amore: non è così. Camere separate non racconta un amore, racconta l’amore. Non è Leo il protagonista, né Thomas. Non ha niente a che vedere con la quotidianità, con una relazione che nasce, cresce, muore. Non riguarda le tragedie, le incombenze, la gioia di stare insieme. Questo libro racconta tutto il flusso di pensieri, tutta la fiumana di angoscia, rabbia, desiderio, paura che si crea inevitabilmente in ogni relazione amorosa.

Tondelli riesce a esprimere con assoluta chiarezza l’inquietudine generata dal termine “stare insieme”. “Stare insieme” non come facciata, come modo di dire, come copertura. “Stare insieme” inteso in senso letterale. “Stare insieme” ossia condividere tutto, aiutare l’altro, stargli accanto, essere in grado di metterlo al primo posto, superare i propri problemi, le proprie costruzioni mentali, in nome di qualcosa di più grande. Leo e Thomas non riusciranno mai a “stare insieme” in questo senso. Per mancanza di tempo, forse, ma anche per paura. Alla fine del libro ci siamo chiesti come sarebbe andata se la loro relazione avesse avuto la possibilità di essere, di esistere. E non siamo stati in grado di rispondere. Leo-e-Thomas sarebbero riusciti a essere una persona sola, a vivere in armonia con l’altro, ad accettare l’altro? Forse no.

L’impressione che abbiamo avuto è che, in questo caso, sia stata la morte di Thomas il motore scatenante dei sentimenti di Leo, l’interruttore che gli ha fatto pensare di non poter vivere senza il compagno; nel momento in cui lui è andato via, e per sempre, Leo si è accorto di non poterne fare a meno. Per un capriccio, per inseguire ciò che impossibile? No, mortificheremmo tutto il testo se lo riducessimo a un banale “volere ciò che non si ha”. è chiaro che dietro la reazione -disperata ed emozionante- di Leo ci siano dei sentimenti granitici, imperturbabili. Quello che ci siamo chiesti è: il nostro protagonista, così restio, geloso dei suoi spazi, riservato, timoroso, avrebbe permesso a questi sentimenti di venire fuori se un evento tragico non li avesse bruscamente portati in superficie?

Non sappiamo rispondere.

Ciò che è certo è che, per Leo, la scrittura diventi una sorta di terapia per mettere nero su bianco quello che prova e provare ad affrontarlo. In maniera maldestra, magari, chiudendosi in se stesso, riducendosi a essere completamente solo, allontanando tutte le persone che gli vogliono bene, ma rielaborando con estrema e disperata lucidità tutto ciò che è accaduto, dal primo giorno. E allora ecco che la loro intimità, il loro essere Leo-e-Thomas diventa reale, nella mente del lettore, anche solo per il modo in cui è raccontato. Ecco che quel breve periodo di frequentazione, pieno di intervalli, di litigi, di incomprensioni, può essere elevato al livello di “stare insieme” unicamente per il modo in cui Leo ricorda ogni minimo dettaglio, ogni parola, ogni sfaccettatura del loro amore.

Forse, se fosse andata in maniera diversa, se Thomas non fosse morto, la loro storia non sarebbe andata avanti. Ma questo non importa. Perché quello spaccato di vita rappresenta, per chi legge, molto più che un’intera esistenza passata insieme. Il dolore di Leo cresce, si modifica, muta, prende forme diverse, ma alla fine si evolve, diventa più maturo, più consapevole, più stabile. Non è più un dolore incontrollabile, contro cui non si può lottare. Alla fine del libro si trasforma in qualcosa di imperturbabile ma con cui si può convivere. Leo diventa una persona diversa, cambia modo di approcciarsi a se stesso e agli altri, ma tiene a mente ogni singolo dettaglio di quel periodo. È Leo il reale creatore di Leo-e-Thomas, non il loro amore. È ciò che rimane, lo “stare insieme”. Non il passato, troppo breve, né il futuro, ancora incerto. Lo “stare insieme” di Leo-e-Thomas consiste nelle duecentoundici pagine del libro, nasce e si esaurisce lì; in quel gustoso, emozionante, struggente e limitato presente.

 

Un tempo, quando riteneva la sua relazione d’amore sterile e senza frutto, si sbagliava. Leo e Thomas hanno partorito, con dolore, almeno un figlio. E questo figlio espulso nel mondo, che pensa e agisce, è oggi il trentatreenne Leo. 

Tondelli, P.V., Camere Separate, Milano, Bompiani, 1991, p. 198.

 

Per altri articoli su questo argomento, consultare https://losbuffo.com/2018/05/28/camere-separate-tre-movimenti-e-un-testamento/

 



 

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