L’ambiente attraverso gli occhi di Monet

“Il paesaggio non è altro che un’impressione, ed istantanea, e per questo ci si diede quell’etichetta a causa mia. Avevo mandato una mia cosa fatta a Le Havre, dalla mia finestra, col sole in mezzo alla nebbia e qualche albero di nave che si alzava sullo sfondo… Mi avevano chiesto un titolo per il catalogo e non poteva certo essere preso per una veduta di Le Havre, quindi ho detto: <Metta impressione>”.

Monet si riferisce al dipinto ‘impressione sole nascente’ e delinea due caratteristiche della sua pittura: il movimento artistico a cui appartiene, l’impressionismo, e i suoi soggetti preferiti, i paesaggi.

Durante la prima esposizione degli impressionisti nel 1874 fu proprio ‘impressione sole nascente’ a dare l’etichetta il gruppo.

Nel 1972 Monet dipinse il porto di Le Havre in sei tele durante i diversi momenti del giorno e da vari punti di vista, proprio ‘impressione’ fa parte di queste sei vedute.

Il porto è avvolto dalla nebbia mattutina che rende tutto sfocato e indefinito.

In alto un disco rosso, il sole sta sorgendo e riversa nell’acqua del porto il riflesso dei suoi raggi. In basso a sinistra c’è la scritta “Claude Monet 72”.

In primo piano sono disposte, diagonalmente, tre piccole imbarcazioni. Sullo sfondo, dietro la foschia, si intravedono altre navi.

Dipinto en plein air, prevale la soggettività dell’artista che cerca di riprodurre fedelmente la realtà.

Un’altra caratteristica di Monet è la luce: i paesaggi da lui dipinti fanno sempre parte di una serie di varie tele in cui cerca di catturare lo stesso soggetto nelle diverse ore del giorno per accentuare i cambiamenti della luce e gli effetti che provocano queste variazioni.

La serie dei Covoni, seguita da altre dedicate ai Pioppi, alla cattedrale di Rouen, a Venezia e alle ninfe dello stagno di Giverny, è realizzata dall’artista come un unico componimento che include i temi diversi tra loro collegati.

Nel 1891 Monet espone quindici ritratti raffigurati covoni di fieno durante le varie ore del giorno: un paesaggio agreste che rende visibile il cambiamento temporale.

Vasilij Kandinskij, durante la mostra del 1895:

Prima conoscevo soltanto l’arte realistica… Di colpo, per la prima volta, vidi un dipinto. Che fosse un Covone me lo diceva il catalogo. Io non lo avrei riconosciuto. Questa incapacità di riconoscerlo mi angustiò. Avevo, sotto sotto, l’impressione che in questo quadro mancasse l’oggetto, e fui sopraffatto dallo stupore e dalla perplessità quando non soltanto mi si impose, ma mi si incise in modo incancellabile nella memoria, e senza che me lo aspettassi continua a librarsi, in ogni minimo particolare davanti ai miei occhi”.

Nel 1890 Monet si trasferisce a Giverny e deviando il corso di un torrente creò un giardino acquatico in cui cominciò a coltivare ninfee, diventando uno dei suoi soggetti preferiti.

La serie delle Ninfee è un ciclo di circa duecento dipinti caratterizzati da campi medi o primi piani privi di ogni riferimento spaziale.

Soggetto, centrale e unico, sono le ninfee: il cielo, le nuvole, le fronde degli alberi si intravedono nei riflessi emanati dall’acqua dello stagno.

In questo modo lo spazio appare infinito, astratto.

Il colore e la luce divengono protagonisti: l’acqua è raffigurata con molteplici percezione di colori.

Così ogni paesaggio sembra diverso dall’altro ma a cambiare sono solo i colori: ora azzurro, ora rosa, ora verde, ora tenue, ora intenso.

E se Claude Monet disse: “lo devo forse ai fiori l’essere diventato un pittore”… forse lo deve anche all’ambiente che lo circondava.



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