“Ahi serva Italia, nave sanza nocchiere in gran tempesta”: l’Italia di Dante, o l’Italia di oggi?

“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!“

Sembra incredibile, a volte, quanto possano risultare attuali testi di secoli fa. Versi molto noti, questi del canto VI del Purgatorio; come si sa, i sesti canti delle tre cantiche della Commedia dantesca sono tutti dedicati ad argomenti politici, e non ne fa eccezione quello ambientato nell’Antipurgatorio. Dopo l’incontro con Sordello, poeta mantovano, Dante lancia un‘invettiva contro l’Italia, dilaniata da conflitti interni per lotte di potere, che non può dunque contare su un governo stabile. All’epoca i disaccordi erano tra filopapali e filoimperiali (Guelfi e Ghibellini); nei versi sopra riportati, Dante definisce l’Italia “serva”, ovvero “schiava dei tiranni”, lasciata in balìa dei signori locali, che approfittavano della caoticità del momento per trarne ricchezza e potere; “luogo/sede di dolore”, e “nave senza nocchiere”, ovvero senza pilota che la guidi, in una tempesta. Non è più un’Italia signora dei popoli, ma donna di postribolo, pronta a offrirsi a chiunque la corrompa.

I Guelfi e i Ghibellini.
Battaglia tra Guelfi e Ghibellini

L’accusa è pesante; la situazione lamentata è di instabilità, dubbio, conflitto e malessere. La sofferenza è causata dalle continue battaglie, senza che si giunga a un accordo che possa pacificare la situazione. L’Italia che Dante accusa viveva in una condizione di incertezza, data dall’assenza di un potere stabile, e aggravata dai veri e propri scontri bellici tra le fazioni.

È inevitabile fare un confronto con la situazione odierna del nostro Paese. Il clima di incertezza che regna da molto tempo ha portato a un risultato dubbio alle elezioni, che a loro volta hanno generato una situazione di stallo prolungatosi per molto (troppo) tempo. Pertanto l’Italia è rimasta a lungo una “nave senza nocchiero”, con ripercussioni sia a livello interno, di disagio per la mancanza di un punto stabile, che a livello esterno, nell’immagine del Paese e nelle relazioni internazionali. La lunga disputa per il nome del premier non ci ricorda un po’, certo alla lontana, le antiche lotte tra i partiti rivali duecenteschi? Nessuno disposto a mettere al primo posto lei, l’Italia, e il suo popolo; tutti proiettati a ottenere il prestigioso incarico (che comporta grossi impegni e responsabilità, sì, ma anche grosso benessere. Diciamolo).

C’è chi ancora è fiero di essere italiano

C’è una piccola, meravigliosa parentesi, in questa invettiva: Sordello. Il poeta, saputo che Virgilio è un suo conterraneo, si precipita ad abbracciarlo:

“Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.”

Il contrasto con i vivi, in guerra, racchiusi tra mura e fossati dei loro castelli in assedio, è forte. Sordello ama la sua terra, e ama i suoi conterranei: lo dimostra nel far festa a Virgilio. Quale vero amore c’è, invece, nel fare soffrire il Paese per cui si dice di lottare, e che si dice di amare?


FONTI
“La Divina Commedia, Purgatorio”, a cura di Natalino Sapegno. 

 

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