Brave con la lingua: contro la «letteratura al femminile»

Autori Riuniti è una giovane casa editrice indipendente, che a un certo punto della sua evoluzione si accorge di non avere nel proprio catalogo alcuna scrittrice. No, signore e signori, nemmeno una. Un direttivo composto da autori uomini, un intero repertorio composto da soli autori uomini. Da qui nasce l’antologia curata da Giulia Muscatelli, Brave con la lingua. Come il linguaggio determina la vita delle donne.

Perché un po’ di sana autocritica fa sempre bene, anche se, nei fatti, la proposta avanzata a Muscatelli da Autori Riuniti sembra simile a una trita e ritrita ghettizzazione del femminile piuttosto che a un tentativo di estirparsi di dosso il maschilismo imperante. E, in effetti, in un primo tempo Muscatelli non aveva proprio risposto candidamente. Ma, come spesso accade, meglio pigliarsi quel che passa il convento e vedere che cosa ci si può cavare fuori.

Dunque, presto e fatto: un’antologia composta da autrici, 14 per l’esattezza, che racconti di come la lingua, quel meraviglioso strumento capace afferrare le cose del mondo e il marasma interiore, diventi talvolta, per chi si ritrova nato dalla parte sbagliata della barricata (in questo caso, le femmine) una palla di piombo legata alla caviglia; oppure un pezzo di scotch a serrare la bocca.

E così, se il tentativo dell’altro è quello di imbrigliare con la lingua la pura vitalità delle donne, queste autrici dimostrano che il linguaggio può essere non solo uno strumento di prigionia, ma di liberazione. Secondo la curatrice, infatti, le parole del maschilismo hanno il precipuo scopo di definire la donna chiudendo ogni possibilità di dialogo intersoggettivo: la parola viene usata come una sorta di designatore rigido e resta attaccata alla pelle, separando le persone al posto di costruire un ponte per la comunicazione.

Così la vita delle donne trabocca di delimitazioni soffocanti: a partire proprio dalla cosiddetta letteratura al femminile, come se fosse una categoria protetta o a parte, proprio perché, dall’altro lato, non esiste una letteratura al maschile.

Proprio questa protesta contro la definizione univoca anima il progetto di Muscatelli, che ha saputo trasformare una richiesta che, seppur fatta con tutte le più buone intenzioni, rientrava perfettamente nei canoni di un maschilismo galante che non opprime in modo esplicito, ma esclude cercando di compattare voci differenti nell’unica e determinante categoria dell’identità sessuale. L’idea, dunque, di scrivere partendo dalla parola opprimente che ha cercato di strangolare la loro individualità, poiché prima di essere femmine, le donne sono persone, esseri umani esattamente come gli uomini, e dunque portatrici di una prospettiva e una sensibilità che si caratterizza in quanto femminile non in virtù di una differenza ontologica, ma in virtù di un diverso trattamento a livello culturale e sociale, dunque proveniente dall’esterno:

Questa non è una raccolta di scritti femminili. Questo è un libro. Quelli che leggerete non sono racconti di donne, sono storie di essere umani.

Secondo Muscatelli sono due gli elementi che queste scrittrici hanno in comune: il primo è un’impostazione linguistica e culturale proveniente dalla società che le costringe nel ruolo generico di donna; il secondo è il tentativo, magistralmente riuscito, di svincolarsi da quel ruolo proprio grazie alla letteratura.

 


FONTI

Brave con la lingua. Come il linguaggio determina la vita delle donne, a cura di G. Muscatelli, Autori Riuniti, 2018

Il libraio

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