Dopo Napoli, Milano. Dai ventimila sul lungomare Caracciolo ai pochi intimi in zona Barona, periferia sud, difficile e raramente collegata a simili eventi, sebbene abbia dato le origini a personaggi del calibro di Fabio Rizzo (Marracash) e Francesco Sarcina (Le Vibrazioni). Liberato è sempre meno fenomeno ignoto, quasi imperscrutabile, e sempre più qualcosa di realmente valido e nuovo, capace di portare per una sera profumi e suoni partenopei nella città meneghina.
Strade bloccate, polizia ovunque, locals palesemente stizziti e disabituati a un simile via vai. La situazione appena arrivati è quella delle grandi occasioni, malgrado la location, così positivamente non abituale. Dentro saremo qualche migliaio: la maggior parte hipsterini, moltissimi del sud, che proseguiranno il Sabato sera sui Navigli. Nessun tipo di ansia o tensione, solo la felicità nel viso di tutti, consapevoli che si è dove, forse, un po’ si sta per fare la storia. Il dj set inizia intorno alle 21 e propone musica ricercatissima e assai ballabile (il picco viene toccato con la perla Funk a un di Neffa), tanto che inizio a temere, non avendo mai apprezzato più di tanto la musica di Liberato, che lo spannung della serata sia già stato toccato.
La folla è già ampiamente riscaldata e carica quando tre personaggi col felpone e “LIBERATO” sulla schiena (stesso outfit di Napoli) si presentano avvolti dal fumo, che non svanirà mai definitivamente durante la performance, come prevedibile.
Il cantante dà il profilo sinistro ai presenti, impegnato a suonare il piano: c’è tantissima cura per la parte musicale, gli intermezzi sono frequenti e non danno fastidio. La mia diffidenza si scioglie dopo poche note, come la neve al primo raggio di sole: il ragazzo (o l’uomo? o l’anziano?) sa cantare, usa quel pizzico di autotune che non guasta, ma di certo è molto più intonato di tutti i nuovi trappers messi assieme. Non me lo sarei mai aspettato e sul momento mi sembra abbastanza per salire sul carro degli entusiasti che mi circondano. Essere leggermente a lato mi permette di muovermi e lasciarmi trascinare da un ritmo davvero omogeneo e definito. I brani in tutto sono solo sei, il repertorio è questo e chi è qui lo sa, tuttavia lo show riesce a durare quasi un’ora. Nessun bis, uscita veloce dopo i sentiti ringraziamenti. Tutto è già finito, ma l’allegria è tangibile: si può parlare di successo sotto ogni aspetto, anche quello della sicurezza. Il comune ha lavorato come si deve e le forze impiegate sono state sufficienti a gestire il flusso di persone, nel complesso civile e collaborativo.
Che cosa aspettarsi adesso da una simile gallina dalle uova d’oro? L’anonimato reggerà soltanto finché non si vorrà intraprendere un vero e proprio progetto discografico, dove la promozione prevede che l’artista ci metta la faccia. Se esiste un’era in cui però si può tranquillamente fare a meno di un simile percorso, quella è il 2018. Inoltre, la presenza anche ieri di Carlo Pastore, dopo la carrambata al MI AMI 2017, di cui l’ex TRL è organizzatore, mi fa credere che dietro Liberato ci siano alcuni dei più potenti e capaci uomini della scena indie italiana, magari proprio Bomba Dischi, che tanto sta cambiando le regole del gioco (Calcutta, Giorgio Poi, Pop x, Carl Brave e Franco 126). Al di là delle congetture, quel che è certo è che d’ora in poi parlerò di questo artista con più rispetto e meno leggerezza.
Rockol.it