Un editore da ridere

Angelo Fortunato Formiggini è stato il fondatore della casa editrice omonima.
Nato nel 1878 a Collegara, una frazione di Modena, da una famiglia ebraica.
La sua è una vita che corre sul doppio binario del comico-tragico. A volte sembra condurre il comico, altre volte il tragico, ma dove c’è uno, c’è l’altro. Due facce di una stessa medaglia, quasi.

Il giovane Formiggini frequenta il liceo Galvani di Bologna, dal quale viene espulso per aver scritto un poemetto, La divina farsa. Ovvero la descensione ad inferos di Formaggino da Modena. Due cose hanno l’impressione di essere rilevanti, soprattutto in una ricostruzione à rebours di Formiggini: la prima è lo sguardo già irriverente su compagni e professori che anima di spirito satirico il poemetto e poi, altro aspetto, è il suo impegno nello stampare e distribuire lui stesso lo scritto. Editore fin da subito, ed editore già chiamato all’ironia.

Consegue due lauree, in giurisprudenza e in filosofia morale poi. Quella in legge è uno spunto ulteriore per capire qualcosa in più di questo editore, ma soprattutto di questa personalità così eccentrica. La prima volta, era il 1901, Formiggini si laurea con lode presentando la tesi La donna nella Torah in raffronto con il Manava-Dharma-Sastra. Contributo storico-giuridico a un riavvicinamento tra la Razza ariana e la semita, nella quale asseriva che ariani e semiti erano stati originariamente uno stesso popolo. Diversi anni dopo arriva la confessione: aveva completamente inventato quella tesi. Il comico di questa situazione è piuttosto evidente, soprattutto se consideriamo che nessuno si fosse accorto del carattere, per così dire, creativo dell’operazione. Di tragico sembra esserci il sinistro presagio sulla necessità di avvicinare le due culture, ariana e semita.

Il titolo della seconda tesi è Filosofia del ridere: secondo Formiggini, il riso annulla le distanza. E come peculiarità del’essere umano, lo distingue.
Questa non rimane una tesi di laurea; sembra piuttosto il manifesto programmatico della sua casa editrice e quello ideologico della sua esistenza.

L’attività editoriale inizia sul finire del maggio 1908, con la pubblicazione di poesie di autori vari, ispirate all’opera di Alessandro Tassoni e accompagnate da alcuni sonetti inediti del Tassoni stesso. In ottemperanza all’interesse per la filosofia, pubblica due collane: Biblioteca di filosofia e pedagogia e Opuscoli di filosofia e pedagogia.
Mentre, in accordo all’altra grande passione e al quel gusto di anticonformistica provocazione, è un’altra collana: I classici del ridere.

Parliamo dei primi anni del Novecento: l’impostazione demagogica in auge da secoli (quella formalizzata anche da De Sanctis) prevede un canone serio. Il comico, il satirico, l’ironico entrano per la prima volta nella categoria del classico con Formiggini; i due termini, per la prima volta sono accostati a dare il titolo a una collana.
La definì “er mejo fico der mio bigonzo”, cioè la collana di maggior successo.

Quella di Formiggini rispetto al ridere è una dedizione seria, da grande uomo di lettere: costituì una biblioteca dell’umorismo, battezzata la Casa del Ridere, raccogliendo qualunque materiale risultasse attinente, dai libri alle riviste, alle stampe, ai quadri.

Scritto da lui stesso è invece il Dizionarietto rompitascabile degli editori italiani compilato da uno dei suddetti, pubblicato da Mondadori e ristampato da Formiggini in una “seconda edizione con nuovi errori e aggiunte e un’appendice egocentrica“.

Senza commedia non si dà tragedia, nella sua vita. Una vita, immolata al comico, ma fagocitata da un suicidio.


 

FONTI
Wikipedia


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