Tolstoj e la debolezza della carne: La Sonata a Kreutzer

Oggigiorno l’approccio dei lettori con Tolstoj può risultare ostico e complicato. La concezione di  tempo libero e “svago” cambia e si evolve radicalmente di anno in anno (sarebbe interessante sentire a riguardo l’opinione “indignata” del Nostro); oramai siamo abituati per lo più a leggere libri snelli e veloci, tascabili nel senso più stretto del termine. Entrare in una qualsiasi libreria e vedere la mole dei mastodontici Guerra e Pace (Война и Мир 1869) o Anna Karenina (Анна Каренина 1877) provocano quel classico effetto di procrastinazione. Quante volte abbiamo detto e sentito dire: << Affascinante ma lo leggerò quando avrò tempo>> << E’ un classico, un must, ma richiede mesi di tempo>>.

Perdersi Tolstoj e il suo pensiero, così vicino alla non violenza di Gandhi, è un vero e proprio peccato, sebbene in questi ultimi cento anni ne sono cambiate tante di cose e il mondo è stato più volte stravolto come un calzino.

Assieme allo splendido racconto La Morte di Ivan Il’ič (Смерть Ивана Ильича 1886), La Sonata a Kreutzer (Крейцерова Соната 1889) è un’ottimo iniziatico per conoscere Tolstoj. I motivi sono due: una ridotta ampiezza del libro e la stesura posteriore a “la conversione dei vangeli”, svolta nel pensiero etico-filosofico di Tolstoj rappresentata appieno ne La Confessione (ne abbiamo parlato qui)  Non diversamente dalla maggior parte delle opere tolstojane, Anche “la Sonata” è caratterizzata dall’ estraniamento, tecnica che, così ci insegna il formalista Sklovskij, per lo scrittore russo consiste nel creare un effetto di “alienazione” descrivendo qualcosa di conosciuto al lettore come se fosse vissuto per la prima volta.

Quando scelse di trattare d’amore, inteso come unicum: sentimento e sessualità,Tolstoj seppe spingersi però oltre e sperimentò anche l’introspezione che nell’economia della letteratura russa è sempre appartenuta a Dostoevskij, rappresentante del polo opposto e autore per certi versi complementare.

La vicenda prende luogo interamente un’unica ““location”” (ci saluta Borghese): un treno in viaggio per la Russia zarista dove si svolge un’accesa discussione sul matrimonio e, giocoforza, anche sul divorzio e il tradimento. Il narratore (omodiegetico) è un passeggero che assiste  interessato al “simposio in movimento” tra chi sostiene teorie per cui l’amore si tratta di “affinità elettive” e chi “tutto il contrario di tutto”. Il gigante di Jasnaja Poljana dà così la possibilità al lettore di riflettere e farsi una propria idea personale. Pur indirizzando la tematica secondo il proprio specifico orientamento, Tolstoj non sembra volerla imporre, lasciando il “beneficio del dubbio” a chi è disposta ad ascoltarlo. A prendersi la scena del dibattito, ovvero l’interesse del narratore, è un uomo “dai capelli grigi, dall’aria solitaria e dagli occhi scintillanti”, il quale farà luce sulla sua tragica esperienza. Pozdnysev, non sarebbe un romanzo russo senza un complicato nome da ricordare, spiegherà alla voce narrante e indirettamente al lettore, il perché “non crede più all’amore”, sentitosi tradito dalle splendide note di Beethoven e dall’alchimia tra note, strumenti e musicisti.

“Questo indefinibile sentimento” comporterà un gesto estremo, se a torto o a ragione spetterà un po’ a noi deciderlo.

 


FONTI
Nota Introduttiva di V. Strada in La sonata a Kreutzer, 1942, Einaudi, Torino 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.