Superwoobinda venti anni dopo

Superwoobinda, provocatoria e lungimirante raccolta di racconti di Aldo Nove pubblicata nel 1998, venti anni dopo è attuale più che mai. Lo è forse ancora di più di quando è stata pubblicata. Perché la caratteristica intrinseca di questi racconti sta proprio nella capacità di Aldo Nove di guardare al futuro. Esorcizzandolo, estremizzandolo, deformandolo in direzione della sua evoluzione più pericolosa.

Ma andiamo con ordine. Superwoobinda è in realtà la versione ampliata della raccolta di racconti Woobinda, pubblicata da Castelvecchi due anni prima, nel 1996. La raccolta è una delle opere più significative tra quelle rappresentanti il movimento degli scrittori detti Cannibali, tra i quali, oltre allo stesso Aldo Nove, ricordiamo Niccolò Ammaniti, Alda Teodorani, Tiziano Scarpa, Isabella Santacroce.

L’obiettivo di Aldo Nove è quello di raccontare le storture e le contraddizioni della società che lo circonda, fagocitata in un mondo in cui dominano il consumismo e la televisione. Per farlo, crea dei protagonisti che rappresentano l’estrema degenerazione di quella società. Si tratta di folli, deficienti, mentecatti, che sono tali perché sono chiamati a raffigurare, in un universo evidentemente distopico e in tal senso estremizzato, le conseguenze di quella società che di fatto è la nostra società, anche oggi. Anzi, oggi forse più di allora.

Sono 52 i racconti di Superwoobinda, ma basta leggerne pochi per rendersi conto dell’atmosfera che aleggia tra le pagine di questo capolavoro orrorifico, in cui l’accelerazione del comico scatena il tragico e, parallelamente, l’accelerazione del tragico scatena il comico, in un circolo vizioso condensato da una forza centripeta che si nutre del mondo della televisione e dei consumi.

Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal.

Questa l’iconica frase che apre il racconto iniziale, intitolato Il bagnoschiuma. Il protagonista continua così nella sua assurda battaglia a favore di un bagnoschiuma di marca:

[…]ricordo che fin da piccolo la pubblicità del bagnoschiuma Vidal mi piaceva molto. Stavo a letto e guardavo correre quel cavallo. Quel cavallo era la Libertà. Volevo che tutti fossero liberi. Volevo che tutti comprassero Vidal. 

E poi ancora

La mia famiglia non mi ha mai capito. […] Provatevi voi a essere colpiti negli ideali.

 

Da questi pochi passi è già evidente più che mai quello scambio tra valori commerciali e valori umani che è pilastro di tutta la raccolta. E che si mostra in quella lettera maiuscola che è propria del bagnoschiuma di marca Vidal, e che è propria della Libertà. Non una libertà qualunque, ma una Libertà di marca, una Libertà — appunto — con la lettera maiuscola.

Il racconto si conclude in modo brutale

Misi i cervelli dentro il lavandino e pulii bene l’interno delle loro teste con lo Scottex. Ci versai dentro il Pure & Vegetal, dovevano capire che t

E così, bruscamente, il racconto termina, così come tanti altri: a significare che i protagonisti impazziscono completamente e che smettono di comunicare, fagocitati definitivamente dal borborigmo televisivo e dalla logica consumistica che li stritola in un vortice di follia oscura e senza uscita.

Comunque, non tutti i racconti terminano in maniera così brutale e violenta. A letto con Magalli, ad esempio, è un racconto in cui una donna di mezza età esprime l’adorazione per questo personaggio televisivo. Adorazione che non dipende dal personaggio in sé, ma piuttosto dal fatto che, se si esce con un protagonista del mondo televisivo, si diventa tutto a un tratto famosi. Questo l’incipit del racconto:

Sono una signora di 52 anni, bionda ossigenata. Mi chiamo Maria e il segno a cui appartengo è Gemelli. Ho il sogno di andare a letto con Magalli. Magalli assomiglia a mio marito, ma è famoso. Se vado a letto con mio marito, nessuno dice niente. Se vado a letto con Magalli ne dicono tutti. 

Emerge qui un altro elemento ricorrente nella raccolta: l’autopresentazione dei personaggi parte sempre da caratteristiche fisiche e dal segno zodiacale. Indici, questi, di una società che ha spostato la sua attenzione e il suo focus su elementi assolutamente frivoli.

Ma è in un altro racconto, Protagonisti, che appare nel modo più spietato, e più sottile al tempo stesso, la pericolosa funzione che l’universo televisivo svolge in questa società alienata dalla vita reale:

Sono Cristina Cardo, ho quarantotto anni, segno zodiacale Vergine. Lavoro alla Coop. Con me i clienti sono sbrigativi, e soffro nel rendermi conto che non è poca la gente disposta a fare la coda pur di andare alla cassa di Maria. Maria è giovane e bella, mentre io sono troppo bassa e ho un’emiparesi facciale. Ma quando smonto dal lavoro rientro a casa e indosso il vestito di seta che la buonanima di mia madre aveva ricamato a mano per il giorno in cui mi sarei sposata. Non mi ha sposata nessuno perché faccio schifo. Ma Protagonisti sa guardare nel fondo della mia anima. E allora nessuna regge al mio confronto. Quando, alle diciannove e trenta, il programma termina tra gli applausi scroscianti del pubblico ringrazio e m’inchino. […] Perchè solo Protagonisti mi stima.

 

Profondo, toccante, acuto: questi i punti di forza di quest’ultimo racconto, qui riproposto solo in parte, ma che rende bene la genialità di Aldo Nove. L’autore mette sulla pagina — e lo fa venti anni fa! — tutta una serie di personaggi che sono sì assurdi, ma solo all’apparenza: perché questi protagonisti altri non sono che ognuno di noi, che ha subìto l’accelerazione estrema della logica consumistica e televisiva in cui tutti siamo immersi quotidianamente. Accelerazione che si muove nella doppia direzione del tragico e del comico, e che genera un’opera che sfugge a qualunque definizione, ma che, proprio per questo, definisce perfettamente la società moderna.

 


FONTI

Aldo Nove, Superwoobinda, Torino, Einaudi, 1998

 

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