Rielaborazione del mito:Il Minotauro di Dürrenmatt

Durante la propria vita, Friedrich Dürrenmatt (1921-1990), scrittore, pittore e drammaturgo svizzero, non ha mai potuto godere della fama dovuta, nonostante il suo grandissimo talento.

Oltre ad alcuni radiodrammi, genere diffuso nella seconda metà del Novecento (basti pensare a Douglas Adam), Dürrenmatt ha lasciato in eredità diverse opere teatrali, quattro romanzi brevi (editi da Adelphi), e numerosi racconti, tutti raccolti da Feltrinelli.

Dürrenmatt ha così saputo spaziare tra generi e forme letterarie, dai polizieschi (il Giudice e il suo Boia) ai racconti mitologici, di cui spesso ne ha realizzato le illustrazioni o veri e propri quadri.

Dürrenmatt  aveva una ampia conoscenza del “comparto mitologico, includendo  anche le vicende dell’Antico Testamento che il padre, pastore protestante, gli raccontava la sera, al posto delle fiabe dei fratelli Grimm.

La mitologia, in particolare quella greca, appartiene fin dall’infanzia all’immaginario di Dürrenmatt, il quale col tempo ha saputo rielaborare personalmente i quesiti irrisolti dell’uomo. Un’operazione analoga fu realizzata nei “Dialoghi con Leucò” da Cesare Pavese, uno fra gli scrittori più grandi del Novecento letterario.

I temi mitologici più ricorrenti più ricorrenti nell’Opera Dürrenmatt, sia letteraria che pittorica, sono l’uomo in quanto mediatore tra terreno e divino e il doppio; il suo Prometeo diviene così un artista, lo scultore intento a plasmare gli uomini. La Pizia rappresenta invece, non senza la cinica ironia dell’autore svizzero, l’incomunicabilità tra due mondi intangibili.

Ma è il Minotauro il breve racconto in cui la ricerca di Dürrenmatt raggiunge il proprio apice.   

Se in La morte della Pizia o negli altri racconti erano i personaggi di stirpe divina a essere umanizzati, privati del proprio cote semi-divino, nel Minotauro Dürrenmatt preferisce mantenere inalterate le gerarchie, optando piuttosto per un cambio di prospettiva. Questo espediente letterario si deve al luogo in cui l’azione è ambientata: il Labirinto, costruito dal proto-ingegnere Dedalo su ordine del re Minosse.

Composto interamente di specchi, Il famoso Labirinto cretese riflette infinite immagini di chi vi è all’interno. Dürrenmatt anziché concentrarsi sull’eroe classico Teseo, pone  l’attenzione su chi nel Labirinto è stato rinchiuso e imprigionato fin dalla nascita: il Minotauro. Quale migliore protagonista se non il Minotauro? Nasce così un dramma alternativo a quello universalmente conosciuto, dove il mostro diventa la vittima delle scorrevoli pagine scritte da Dürrenmatt.  Il gioco degli specchi il Minotauro è  un personaggio

 “metà uomo e metà toro, sempre al limite della conoscenza, delle sensazioni di passione, gioia, infelicità, paura e tormento, mentre per natura non può provare sensazioni; sempre sulla soglia delle emozioni che proverebbe, se solo sapesse cosa vuol dire provare emozioni


 


 

 

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