ROSSINI OUVERTURES passa dal Carcano

Rossini Ouvertures è passato da Milano, al Teatro Carcano, dal 18 al 20 maggio 2018. Lo spettacolo è stato allestito per i 150 anni dalla morte del compositore pesarese ed è inserito in un ciclo di eventi per festeggiarlo. Dura all’incirca un’ora e venti ed è un balletto di danza contemporanea sulla musica delle ouvertures delle opere più famose e belle di Rossini: Il Barbiere di Siviglia, La gazza ladra, Stabat Mater, Guglielmo Tell, Cenerentola, L’italiana in Algeri per citarne solo alcune.

I 4 danzatori (Fabio Cavallo, Giovanni La Rocca, Mario Laterza e Giacomo Todeschi ) e le 5 danzatrici (Alice Colombo, Maria Cossu, Caterina Politi, Giuliana Mele e Serena Zaccagnini ) sono giovanissimi/e – alcuni e alcune dimostrano meno di 20 anni -, vengono da diverse parti d’Italia e fanno parte dello SpellBound Ballet, che sta portando lo spettacolo in tour per l’Italia. Direttore artistico della compagnia e coreografo e regista del balletto è Mauro Astolfi, con il contributo al disegno luci di Marco Policastro.

Prima che il sipario si apra, a luci ancora accese, a sorpresa appare una borsa sul palco, che una mano da sotto il sipario sottrae. Poi, si spengono le luci e all’apertura del sipario appare una parete di armadi (scenografia di Filippo Mancini) che si estende per tutto il palco e i 9 danzatori e danzatrici si strappano la borsa l’un l’altro, come volendosela rubare. Sono tutti vestiti uguali, con abiti grigi di stile ottocentesco, tutti tranne uno, vestito di rosso, che interpreta Rossini. La borsa, contiene cibo e i ballerini entrano ed escono dagli armadi, come fosse una caccia labirintica a colui che interpreta Rossini, il quale cerca di impossessarsi del cibo e infine si nasconde in uno degli armadi a mangiarlo, ma viene scoperto. Il cibo, uno dei temi dello spettacolo, fu infatti uno dei grandi vizi e passioni di Rossini.

La vicenda – la vita di Rossini – in realtà non è immediatamente intuibile, ciò d’altra parte non è un problema perché lo spettatore è piacevolmente intrattenuto dalla danza espressiva dei ballerini. Essi, denotando una solida impostazione classica, compiono movimenti geometrici e meno geometrici, simmetrici e asimmetrici in modo molto fisico e corporeo, modulando dinamicità e staticità in coreografie che si modellano alla perfezione sulle musiche di Rossini, ritmate, tonanti, allegre e narrative.

In alcune scene sono tutti sul palco e si amalgamano e si disperdono, come fossero un unico organismo. In altre vi sono dei duetti, e quartetti che si alternano e dialogano tra loro con danze molto loquaci. I ballerini e le ballerine stupiscono il pubblico gettandosi l’uno addosso all’altro con naturalezza, in grovigli di corpi che si districano e strisciano, oppure si riavviluppano. Tale promiscuità però non appare mai volgare, anzi, soprattutto nella prima parte, è naturale e ludica, solo nella seconda assume connotati accennatamente sensuali.

Nella parte finale, il ballerino che interpreta Rossini, è spogliato e sdraiato in un letto estratto dall’armadio. Dall’alto una ballerina coperta da una tuta nera integrale striscia sopra di lui, che la scaccia: la figura dovrebbe impersonare la morte, come il regista spiega in un’intervista che fa luce sulla trama:

In questo spettacolo ho immaginato una grande parete, la parete dei ricordi di Rossini, dove nascondeva, dove archiviava il suo cibo, i suoi vini, la casa dove ospitare i suoi grandi amici e compositori, ma anche la gente comune con la quale amava scherzare, giocare e condividere tutti gli aspetti della sua vita…. questa “parete” è stata immaginata come una proiezione della sua mente, piena di sportelli, di ripiani, di nascondigli, una parete che separava un mondo dall’altro

In questo spazio si aggirava un inquilino, una figura antropomorfa, nera, una macchia che aveva assunto sembianze umane, che ormai comunicava con lui, che si insinuava nei suoi sogni, strisciava dentro il suo letto e poi spariva ma che era sempre lì, come a scandire il poco tempo, ma anche il lungo tempo passato a combattere contro disagi fisici e psichici di ogni tipo. Questa figura nera era la paura della morte, la sua malattia, ma forse anche il suo consigliere, paradossalmente in alcuni momenti l’unica certezza.

L’oscurità della trama pare dunque un aspetto voluto dal regista: l’espressività di questo balletto non vuole essere logica ma a-logica, fatta di sensazioni, suggerimenti, intuizioni, dove la fattualità è solo accennata e ad imprimere forza è l’arte di alludere ed evocare delle danze superbamente interpretate dai ballerini e ballerine della SpellBound Ballet.


FONTI

TDI

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