Ci si può fidare del PIL?

Per Prodotto Interno Lordo (PIL) si intende il valore totale dei beni e servizi prodotti in un Paese nel corso di un anno e destinati al consumo dell’acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, e alle esportazioni nette; ed è stato utilizzato come misuratore della ricchezza prodotta da un Paese e del benessere dei cittadini che vi abitano. Dalla seconda guerra mondiale a oggi, il PIL rappresenta l’elemento alla base delle politiche economiche nazionali, nonché il tema centrale di molti discorsi politici.

Nonostante l’incremento dei suoi valori venga costantemente esaltato e riconosciuto come obiettivo fondamentale sia per la crescita e lo sviluppo di un Paese, sia per il miglioramento del benessere dei suoi cittadini, molte sono le critiche che, nel corso del tempo, sono state avanzate circa i limiti del PIL come misura del progresso reale della società.

In primo luogo, il PIL calcola gli introiti prodotti sul territorio di uno Stato, dunque i guadagni e la produzione di lavoratori e aziende stranieri conta come PIL del Paese in cui si svolgono le attività produttive, anche nel momento in cui il reddito viene spostato in conti correnti esteri e all’estero speso.

Un’altra ragione che porterebbe a diffidare del PIL consiste nella sua caratteristica di trattare tutte le transazioni come positive, includendo anche i danni provocati dai crimini, dall’inquinamento o ancora dalle catastrofi naturali. Per soddisfare i meccanismi di mercato si introducono cambiamenti sociali, ecologici e industriali i cui danni collaterali generano nuove minacce. Le spese dei cittadini volte a rispondere a tali sfide vengono conteggiate nel PIL, dimostrando come molte delle attività che determinano la crescita dei suoi valori spesso non migliorino e, anzi, peggiorino il benessere della popolazione.

L’inaffidabilità di questo indicatore si può riscontrare, inoltre, nel passaggio di beni e servizi dalla sfera informale a quella monetaria. Esistono, infatti, beni e attività che non hanno come finalità una contropartita monetaria. Basti pensare all’aiuto dei nonni che si prendono cura dei propri nipoti, o una passeggiata nel bosco. Si tratta di attività che non richiedono transazioni economiche, pertanto il PIL non cresce ma il benessere dei cittadini può migliorare. Nei casi presi da esempio avremo, dunque, che i genitori non dovranno affrontare le spese di una figura che si occupi dei loro figli, e una passeggiata rilassante nella natura non può che giovare alla salute dei lavoratori. Tuttavia se i nonni non fossero più disponibili a causa dell’aumento dell’età pensionabile e se il bosco venisse privatizzato, si avrebbe un incremento del PIL ma un peggioramento del benessere dei cittadini, in quanto per ottenere ciò che prima potevano avere gratuitamente sarà ora necessario guadagnare (e dunque lavorare) di più.

Infine, il PIL non fornisce una misura della distribuzione del reddito nella società, di conseguenza non indica il livello di equità presente in un Paese. In base al livello di disparità di reddito e delle disuguaglianze all’interno di una società, si fa riferimento a una serie di outcomes sociali e di salute quali l’aspettativa di vita, i tassi di mortalità, l’obesità, le performance scolastiche, la prevalenza di patologie psichiatriche o ancora il tasso di omicidio e violenza.  È di estrema importanza, dunque, tenere conto di tali concetti quando si tratta di PIL, in quanto paesi con valori simili di tale indicatore possono riscontrare notevoli differenze in termini di distribuzione di reddito e, quindi, in termini di benessere.

È dunque evidente che il PIL non sia un indicatore di sviluppo e di benessere affidabile, ma si dimostra piuttosto come una misura che, nella sua razionale crudeltà, non considera le conseguenze negative – quali possono essere la disgregazione delle famiglie, il degrado ambientale, la perdita di tempo libero o la disoccupazione – di una crescita economica permeata da una grande assenza di valori. Il trionfo della crescita del PIL altro non è che uno specchietto per le allodole, atto a garantire maggiori profitti individuali a discapito del benessere collettivo.

 


 

FONTI

Adam Szirmai, Socio-Economic Development, Cambridge University Press, Cambridge, Second Edition, 2015.

http://espresso.repubblica.it/

centrosaluteglobale

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