“Arlecchino servitore di due padroni”, lo spettacolo della “vita”

Si alza il sipario ed ecco che gli attori sono lì, in scena, pronti a dar vita allo “spettacolo teatrale” per eccellenza. Alzano la mano per ringraziare il pubblico e poi…squilli di trombe, rullo di tamburi: le maschere fanno il loro ingresso! Troviamo Arlecchino, con l’abito di pezza colorata – una stilizzazione, voluta da Strehler, del leggendario vestito – con una maschera dai lineamenti teneri, infantili, ma furbi, quasi felini.

Ormai è un appuntamento fisso: dal 1947 Arlecchino servitore di due padroni, regia di Giorgio Strehler, viene riproposto al Piccolo Teatro. Di generazione in generazione l’Arlecchino si è affermato nel canone teatrale italiano, continuando a divertire ed emozionare un pubblico sempre gremito.

Lo spettacolo nasce nella fantasia di un giovane regista che, rispolverando il testo goldoniano settecentesco, dà vita ad una realtà che, nonostante sia lontana tre secoli, si lega straordinariamente bene alla personalità del pubblico del XX secolo, raccontando una storia che parla a generazioni di uomini, non solo italiani. L’ “Arlecchino” è uno spettacolo di storia e tradizione; il primo interprete protagonista, Marcello Moretti, ha lasciato il posto a Ferruccio Soleri, nel 1961. Dopo una carriera interminabile, Soleri sta gradualmente cedendo il ruolo ad Enrico Bonavera. Anche dal punto di vista attorale, la maschera di Arlecchino manifesta un raffinato passaggio di testimone, sintomo di un radicamento dello spettacolo nella cultura nazionale. Ancora oggi lo spettacolo mantiene le scelte registiche di Strehler: l’inizio coincide con l’accensione delle luci sul palcoscenico e persiste la presenza del suggeritore. La scenografia è colorata, in linea con la tradizione della commedia dell’arte; i costumi settecenteschi, mentre la musica – insieme al clima grottesco creato dalle maschere – alimenta, sin dalle prime battute dello spettacolo, un’atmosfera allegra e rilassata.

Arlecchino, l’archetipo del servo furbo, il bambino istintivo, imperterrito inseguitore dei piaceri dei sensi ma, grazie a Bonavera, estremamente leggero e solare, viene così descritto da Strehler:

Arlecchino è sempre uguale e sempre diverso ed è libero dal tempo che passa.

Le maschere (e la commedia dell’arte) ricercano proprio questa funzione: essere uguali a se stesse. Costituiscono, di conseguenza, archetipi e, in quanto tali, non sono soggetti al tempo. La maschera avvolge il personaggio in un’aura mitica, favolistica, immediatamente identificabile dallo spettatore di qualunque epoca. Certamente ha ragione Strehler nel dire che la maschera è anche “sempre diversa” poiché vive, ogni volta (come si vive la vita), la propria avventura sulla scena.

Da 71 anni sulla scena, è sconcertante come lo spettacolo possa riscuotere ancora così tanto successo: neppure i cambiamenti generazionali, la modifica degli strumenti comunicativi e dello scenario culturale italiano, hanno cancellato una tradizione teatrale così forte.

Non è scandaloso allora affermare che “Arlecchino servitore di due padroni” è molto più di una semplice rappresentazione: a lui infatti l’onore di essere metafora della vita che, così come Arlecchino, è innegabilmente uguale a se stessa, ma così speciale, per ogni individuo. D’altronde è questo il compito del teatro: sapersi ripetere eternamente, ritrovando sempre quella diversità e quella particolare ragione per essere, veicolando infinite suggestioni e significati agli spettatori. La complessità, minuziosità e particolarità dello spettacolo consentono, e consentiranno, a generazioni di spettatori di riflettere sulle diversità dell’umano, sulle sfaccettature dei caratteri che la commedia dell’arte riesce a comunicare così bene. Sino a quando qualcuno porterà in scena uno “spettacolo che parla della vita”, in grado di parlare all’umanità intera con una lingua così immediata (quella della commedia) ma estremamente illuminante, “Arlecchino servitore di due padroni” persisterà sulle scene di tutto il mondo, con la sua potenza energetica. Lo stesso Soleri, in un’intervista afferma:

Bisognerebbe trovare un altro Strehler, per trovare un altro Arlecchino. Questo, da lui creato, ora potrebbe durare in eterno, se non lo cambiamo. E resterà tale finché non ci sarà qualcuno capace come Strehler. Nulla potrà mai sostituirlo.


 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.