Bagdad e i libri

È ancora viva nella nostra mente la convenzionale – e giustificata – immagine di Bagdad come città del terrore, luogo in cui regna la paura, capitale di un paese in cui il significato concreto della parola “libertà” è pressoché sconosciuto.
Tutto vero, eppure, negli ultimi tempi, hanno fatto capolino a Bagdad numerosi elementi che fanno credere in un nuovo Rinascimento, un Rinascimento in cui i giovani hanno un ruolo determinante.
Vi sono numerosi negozi “all’occidentale” nella capitale: centri commerciali, con vetrine ben illuminate, pavimenti chiari e lucidi, prodotti di lusso; il tutto finanziato da Emirati e Arabia Saudita. Per le strade giovani, anziani, famiglie e bambini camminano senza sentirsi minacciati. Sono stati riaperti i voli internazionali che dall’Iraq sono diretti a varie mete occidentali e d’Europa.
Questa nuova ventata ha delle notevoli e assai positive ripercussioni culturali: riaprono il Museo archeologico e il Teatro nazionale, i libri tornano a far sentire la propria voce, seppur con una certa cautela. E non esitano a parlare dell’orrore del terrorismo e del pericolo dell’Isis, per ora battuto.

Il libro La porta di gesso, di Ahmad Sadawi, 45 anni, già autore di Frankenstein a Bagdad, ha come tema principale un utopico futuro che richiama un lontano passato, precedente all’invasione americana.
Bara Al Balati, 29 anni, invece, laureata in ingegneria, è la fondatrice di una casa editrice senza paura, che ha come scopo primario quello di dar voce a donne e giovani.
Adam Adela, 30 anni, poeta di successo, ha già pubblicato quattro libri, che gli sono valsi numerose minacce e l’accusa di ateismo.
Di ateismo e laicità parlano – o meglio sussurrano – tutti e tre questi autori, nonché gli intellettuali in generale. Nella mente di ognuno di loro rimane ben ferma la convinzione che sia stato troppo il sangue innocente versato a causa di una guerra fatta in nome di Dio. Stanno cercando di andare oltre alla diversità religiosa, coloro che vogliono creare una nuova nazione; nazione che dovrebbe avere come slogan proprio la tolleranza religiosa.
È quello in cui crede anche Yasser Adnan, 28 anni, che ha aperto, nel centro della capitale, un caffè letterario, nato con l’intento di promuovere la lettura tra i giovani e sorto in memoria del padre bibliotecario e libraio, morto in un attentato nel 2007.
Caffè, libri in prestito e la speranza del rifiorire di una nuova cultura libera sono ciò che Yasser offre e ciò in cui la maggior parte di poeti e autori iracheni spera.
Si teme un ritorno della violenza a causa delle imminenti elezioni, eppure il clima emotivo generale è quello di un rinnovato ottimismo, per quanto l’Occidente stenti a crederlo.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.