Il riadattamento impossibile? L’Iliade.

Alla base della cultura occidentale si possono annoverare sicuramente due poemi epici di origine greca, entrambi attribuiti alla mitica figura del aedo cieco Omero: si parla dell’Iliade e dell’Odissea.
L’Iliade, in particolare, è tra i due il poema della “guerra”, carico di azione e di personaggi canonicamente forti: in primo luogo Achille, semidio figlio della dea Teti, ma anche Ettore, capo dell’esercito troiano e fratello di Paride, o Agamennone. Con personaggi del genere e con una storia così avvincente e immortale è impossibile non immaginare che un nuovo medium come il cinema lasciasse andare un’occasione per riadattarlo e portarlo sullo schermo.

Nell’arco della storia del cinema vi sono stati numerosi riadattamenti cinematografici: il primo è sicuramente “Elena di Troia” del 1956, colossal italo-americano che vedeva come aiuto regista un giovane Sergio Leone; del 2004 è il riadattamento più recente, ad opera del regista Wolfganf Petersen col nome “Troy”.

Quest’ultimo colossal presentava un cast d’eccezione: da Orlando Bloom nei panni del principe Paride ad Ulisse interpretato da Sean Bean, ma la stella fu Brad Pitt nei panni di Achille. Nonostante i grandi attori e la cura dei dettagli – il film fu anche candidato ai “Miglior costumi” agli Oscar del 2005 – il film fu percepito negativamente dalla critica e tuttora non viene lodato. Come mai?

Principalmente perché la storia fu pesantemente cambiata e le innumerevoli discrepanze col mito divennero un problema: uno dei tanti problemi fu la scelta di eliminare l’intervento divino, chiave di volta di tutta la storia del poema epico, considerando che la storia ha inizio – e in un certo senso, termina – con le azioni degli dei che interferiscono costantemente. Altro errore è nel nucleo della storia: il triangolo Menelao-Elena-Paride. Sebbene nel film Elena scelga di scappare con Paride per fuggire a un matrimonio infelice, nel poema epico la donna è innamorata del proprio marito, con cui ha anche una figlia non citata nel film, ma viene indotta proprio da Afrodite ad amare Paride come premio per il principe troiano.

Si può così capire come semplici cambiamenti, dovuti anche all’adattamento da un medium ad un altro, possano portare allo stravolgimento e alla rovina di un riadattamento – a maggior ragione se si parla di una storia importante come l’Iliade. Un vero adattamento di un pezzo così importante della cultura occidentale dovrebbe essere portato a termine in maniera più fedele – anche a costo di non sorprendere il pubblico – o bisognerebbe cambiare e stravolgere tutto, lasciando solo il minimo per riconoscere l’ispirazione? È un dubbio che ancora deve essere forse risolto, ma che fa riflettere sulle trasposizioni da un mezzo comunicativo all’altro.


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