Siamo molto più simili agli oggettosessuali di quanto vorremmo

Non esistono studi scientifici approfonditi su di loro, né una descrizione sufficientemente neutra e rispettosa; esistono, invece, una caterva di articoli, programmi televisivi e documentari che li tratteggiano come ossessivi feticisti, persone disturbate e traumatizzate, depresse e incomplete – la perfetta categoria da prendere per il culo tutte le volte in cui non si ha niente di meglio da fare. E dunque sono pochi, marginalizzati, derisi. Sto parlando degli oggettosessuali, le persone che si innamorano (con tutto ciò che l’innamoramento comporta) di oggetti: il muro di Berlino, una tavola di legno, un edificio.

Gli oggettosessuali si innamorano di cose su cui proiettano sensazioni e sentimenti. Si corteggiano, si fidanzano, copulano, talvolta vanno in crisi e si lasciano. Può essere la persona a innamorarsi di un altro oggetto, oppure è lo stesso oggetto che si sente insoddisfatto dalla relazione e decide quindi di volare verso lidi migliori. Sì, fa strano leggerlo, ancora più strano scriverlo. Fatto sta che queste persone non si identificano in quanto disturbate o perverse. Non c’è nemmeno un’evidenza sostanziale che possa far supporre che questi soggetti abbiano subito particolari traumi durante l’infanzia; è da notare però l’alta incidenza di persone che soffrono di disturbi della personalità quali l’autismo o la sindrome di Asperger.

La caratteristica tipica di queste peculiari relazioni, e ciò che permette a queste persone di intrattenere rapporti con gli oggetti, è la sinestesia, che ha legami con la percezione sensoriale ed è correlata al concepimento di oggetti come capaci di pensieri, sentimenti ed emozioni umane. Secondo la studiosa Amy Marsh, l’oggettosessualità può essere compresa nella vasta gamma degli orientamenti sessuali, dal momento che

le emozioni e le esperienze riportate dalle persone oggettosessuali corrispondono alle definizioni generali della nozione di orientamento sessuale. Per esempio, un articolo sull’orientamento sessuale e sull’omosessualità pubblicato sull’American Psychological Association Help Center, si riferisce all’orientamento sessuale come al coivolgimento di ”sentimenti e del concetto del sé”.

Soprattutto è deprecabile lo stigma sociale e culturale cui queste persone sono soggette. Sì, è vero, pensare a qualcuno che vada in crisi quando il muro di Berlino viene distrutto è abbastanza sconcertante, è talmente alieno dalla nostra percezione e dalle nostre esperienze di vita che è impossibile da concepire, e dunque da prendere sul serio. Eppure, i dati parlano chiaro: la maggioranza degli oggettosessuali non soffre perché incapace di relazionarsi con gli esseri umani, soffre perché viene derisa e stigmatizzata dai suoi simili.

Bisogna inoltre porre l’accento sul fatto che uno studio approfondito sulle caratteristiche di questa minoranza consentirebbe non soltanto di comprendere maggiormente questa inclinazione, ma anche di compiere passi importanti nella ricerca sull’autismo e sulla sessualità umana. Inoltre un certo grado di affettività verso corpi inanimati da sempre contraddistingue la storia dell’uomo – basti pensare al classico di Hugo, Notre-Dame de Paris, in cui Quasimodo si sente fuso, parte integrante e innamorato dell’antica cattedrale; al fatto che spesso si prova conforto stringendo degli oggetti, come durante l’infanzia; infine che le percezioni sensoriali di un certo oggetto possono trasmetterci sensazioni e sentimenti in base all’esperienza che abbiamo vissuto e nella quale quell’oggetto è racchiuso.

Se da un lato dunque provare affetto per delle cose non è così fuori dal comune come si possa pensare a prima vista, qualche perplessità però emerge leggendo lo studio di Marsh. Identificare questa inclinazione come orientamento sessuale porta a importanti implicazioni etiche: se la definizione di un orientamento si basa unicamente sui sentimenti e sul concetto dell’identità del soggetto che li prova, allora si potrebbero anche giustificare le attrazioni pedofile, con tutto il pattern di abusi e violenze che esse comportano. I bambini, come gli oggetti, vengono romanticizzati e sessualizzati; molti pedofili, così come le persone oggettosessuali, sono assolutamente convinte di intrattenere relazioni alla pari e consenzienti.

Ma un bambino non può essere consenziente nell’attimo in cui viene violato da una persona adulta. Così come un oggetto, per evidenti ragioni, non può esserlo. La relazione, perché sia libera e veramente tale da identificare un determinato orientamento, deve sempre imperniarsi su due poli, entrambi portatori di una soggettività definita, entrambi con pari opportunità e, soprattutto, entrambi consenzienti.

Questa riflessione conduce direttamente a un altro punto importante, cui l’esistenza degli oggettosessuali ci spinge a confrontarci: la tendenza umana, intesa come forza psicologica e ideale, a proiettare la propria soggettività sull’altro (che sia esso un individuo o una cosa). Molto più spesso di quanto si creda si tende a trasferire le proprie pulsioni ideali e psicologiche sulle cose o sulle persone che ci circondano: immaginiamo annessa agli altri una vita interiore attiva e il più possibile conforme ai nostri paradigmi cognitivi; spesso quando ci innamoriamo di una persona non amiamo quella persona in se stessa, ma l’idea che abbiamo di lei. Questo avviene sia per le persone oggettosessuali, sia per i pedofili, sia per le persone comuni, nella vita di ogni giorno.

Questi legami, non tanto deboli come si vorrebbe che fossero, ci spingono a prendere atto di come sia difficile instaurare una relazione sana con l’altro da sé; e anche di come sia innata la tendenza umana a proiettare la propria ipseità su quanto ci circonda, non riconoscendogli un’esistenza autonoma. Questa operazione, che si accosta a quella che gli psicologi chiamano delirio di onnipotenza (quando il soggetto crede che tutto l’ambiente dipenda dalle sue forze psichiche e dai suoi desideri), rovesciata al contrario rivela quanto siamo fragili, deboli, soli; perché gli altri individui e gli oggetti del mondo esistono in larga parte indipendentemente dalla nostra volontà e dai nostri desideri egocentrici e autoreferenziali.

Di Sarah Maria Daniela Ortenzio

 

 



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