BIANCO D’INCHIOSTRO: ACHMATOVA E LE OMBRE DEL REGIME SOVIETICO

In Bianco d’inchiostro, il loro primo spettacolo ideato, allestito e recitato insieme, la coppia Giulio Bellotto-Alice Guarente sa far scintille! Dramma contemporaneo sulla poetessa russa Anna Achmatova e sullo Samizdat – diffusione clandestina di testi autoprodotti e scritti a mano, non autorizzati dal regime sovietico – Bianco d’inchiostro mostra lati della storia che sono stati a lungo tenuti nell’ombra e che, solo recentemente, stanno venendo alla luce. Questo viene realizzato attraverso toni freschi e non ideologizzati che solo due attori giovanissimi quali Alice e Giulio, classe ’88 e ’93, potevano avere.

I due, insieme, formano un mix esplosivo, completandosi a vicenda grazie ai loro stili recitativi diversissimi e complementari, esito dei loro opposti percorsi formativi.

Alice, con formazione nel teatro e nel canto jazz, impersona una giovane donna russa negli anni di Ežov, quelli fino al ’40, nei quali le repressioni furono più dure e insensate. Il suo ingresso sulla scena incanta subito gli spettatori: entra, infatti, camminando dal fondo della platea al palco con un volume di poesie sul capo, eseguendo vocalizzi sulle note delle canzoni popolari russe, con il tono triste e struggente che fa presagire l’atmosfera che si prospetterà.

Bellotto è invece nei panni di quello che pare un funzionario della polizia segreta russa dalla voce tonante e odiosa, che indaga sui possibili sovversivi al regime secondo una politica che si potrebbe riassumere nella frase:

“meglio uccidere 50 innocenti che lasciare in vita un nemico del Comunismo”.

Il personaggio interpretato da Giulio è macchiettistico e si muove all’interno di schemi prefissati. La sua ottusità mista a cattiveria viene resa sopportabile e ridicolizzata – ma in alcuni momenti intensificata – dalla tecnica recitativa estremamente fisica dell’attore, che utilizza, in parte, la gestualità stilizzata della Commedia dell’arte. Questo aspetto è evidentissimo nel prologo, nel quale entrambi gli attori indossano le maschere (forse quelle di Pantalone) e Giulio rivela attraverso le perfette posizioni assunte la sua formazione nella Commedia dell’arte.

Alice, al contrario, ha una tecnica recitativa non plateale, né stilizzata nè gestuale, il suo è uno stile minimo, naturale, fatto di gesti non agiti, di sguardi, di sfumature e di espressività vocale. Il suo personaggio ha compiuto un percorso interiore di consapevolezza delle brutture e delle angherie che il regime ha inflitto al suo popolo e lo denuncia ironicamente e disperatamente al pubblico, dissimulandolo davanti al compagno-poliziotto. Quest’ultimo tuttavia cerca di calmarla e sminuirla, probabilmente in qualità di donna che, come tale, non sa quello che dice.

La giovane, nel finale, venuta in possesso del manoscritto diffuso clandestinamente dell’Achmatova, Requiem – poema scritto durante i diciassette mesi di prigionia del figlio – lo recita sulle note di una musica impetuosa e violenta. Lo fa con maestria, con le pause e l’inflessione più naturale ed espressiva possibile, mentre lui, come fosse un uragano su di lei, cerca di strapparle la sedia e ostacolarla per non permetterle di pronunciare quelle parole taglienti e dolorose.

Grande debutto per la giovane coppia d’attori, i quali oltre a recitare gestiscono l’impianto audio-luci, come hanno imparato nelle rappresentazioni di “teatro in casa”, che spesso organizzano.

Lo spettacolo è degno di visione e, per le tematiche, sarebbe da proporre anche alle scuole e a tutti coloro che amano la poesia, Anna Achmatova e che vogliono conoscere meglio la vita in URSS, sotto Stalin.


FONTI

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CREDITI

Copertina © Alice Guarente e Giulio Bellotto

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