‘Salò o le 120 Giornate di Sodoma’: l’erotismo del potere narrato da Pasolini

Non si può di certo negare che ‘Salò o le 120 Giornate di Sodoma‘ di Pier Paolo Pasolini sia un film controverso e disturbante costellato di violenze e abusi di ogni tipo, specialmente sessuali. La pellicola – un’allegoria del potere totalitario, che ruota attorno a un gruppo di giovani ragazzi violentati e torturati ripetutamente all’interno di una villa da quattro figure altolocate della Repubblica di Salò – adopera il tema erotico sessuale per parlare di come il potere sia in realtà espressione della più alta forma di anarchia, in quanto si serve di abusi e concessioni di ogni tipo per soddisfare il perverso piacere del dominio assoluto.

Considerato il testamento del suo autore, ‘Salò‘ racchiude l’essenza della poetica autoriale di Pasolini manifestando tutto il suo disprezzo nei confronti dell’abuso del potere da parte di chi domina. Esso viene associato per certi versi all’atto sessuale, soglia massima del piacere fisico, e quindi ritenuto il picco più alto del soddisfacimento della propria persona. Ma il potere non è solo manifestazione della facoltà di fare e agire secondo la propria volontà, bensì l’esternazione di un piacere perverso che risiede nella mercificazione del corpo, ridotto a oggetto da utilizzare a proprio piacimento.

L’erotismo mostrato in ‘Salò‘ diventa un eccesso senza restrizioni, una rivoltante rappresentazione della parte più malata dell’animo umano. Il piacere e l’appagamento finiscono per essere snaturati, trasformandosi in una macchina infernale che annulla la personalità degli esseri umani in favore di un bisogno che sfugge alla logica comune.

Da un lato il film si potrebbe leggere secondo l’ottica della depravazione più sfrenata nella quale Pasolini mostra fin dove può spingersi la perversione umana. Non ci sono limiti nel raggiungimento del piacere. Ogni cosa diventa lecita e fattibile anche se dannatamente diabolica e apparentemente disumana. Molti comportamenti ritenuti spesso morbosi e inaccettabili trovano ragione di esistere all’interno del microcosmo creato da Pasolini. Il regista bolognese dà vita a un limbo fatto di licenze e immoralità nel quale nulla può mettere a freno gli impulsi più estremi dell’essere umano.

Dall’altro lato, e qui il film trova il suo vero Io, ‘Salò‘ non è che una spietata e violenta rappresentazione della realtà e di come chi detiene il potere sia in grado di poter far commettere le azioni più impensabili ai propri sudditi, persino mangiare escrementi e annientare l’esistenza di una persona attraverso tortura psicofisica. Il piacere effettivo scaturito dall’esercizio del potere nasce da un bisogno quasi proibito e inconfessabile che, esattamente come gli impulsi erotico-sessuali, trova nella trasgressione e nella perversione il massimo appagamento. Essendo delle pratiche taboo, nessuno affermerebbe mai di esserne particolarmente attratto ma tutti, se posti in tale condizione, agirebbero allo stesso identico modo. Questo afferma il cineasta italiano. Probabilmente ogni essere umano è incline a questo tipo di comportamenti e necessità ma solo una piccola parte può effettivamente “trarne beneficio”, ovvero coloro che esercitano il potere spargendo dolore e sofferenza.

Salò‘ è una descrizione distorta di come potere e dominio siano strettamente correlati con pratiche erotico sessuali in quanto entrambe, se pur con mezzi e attraverso contesti d’azione completamente differenti, mirano al raggiungimento di uno stato di piacere psicofisico che mette a nudo le proprie depravazioni.


 

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