Coca cola e bollicine

Il rumore della folla non lo infastidiva. Lo infastidiva l’attesa. Il vociare nel pub era solo il sottofondo. Fissava la porta e si rigirava tra le mani la sua Coca Cola in vetro. E poi, all’improvviso, il silenzio. La porta si apre. Il vociare si spegne. Nella testa di Marco partono le note della canzone di Vasco Rossi: “Bollicine“. La stessa bevanda sembra avere un tremito con quel suo frizzare appena lei entra. Marco non vede altro. Lei indossa una minigonna rossa e una canottiera bianca. I suoi capelli neri scendono sulle sue spalle in lunghe e ipnotiche spirali. Ha un sorriso che mozza il fiato. Gli occhi magnetici. Il fisico definito, con le curve al punto giusto. Come quella bottiglia di Coca Cola tra le mani di Marco; l’oggetto stesso con la condensa che cala tra un dito e l’altro del suo acquirente sembra sudare al solo guardarla. Le gocce di sudore di Marco seguono l’esempio di quelle della bottiglie e gli imperlano la fronte. “Non c’è bevanda al mondo che riesca ad essere frizzante quanto Laura“, pensa il giovane. Queste sono le tre passioni di Marco: la Laura, la Coca Cola e Vasco Rossi. Prende l’apribottiglie e finalmente stappa la sua bevanda. Ha la gola riarsa.

Laura si siede al solito posto, sul sedile tra il bancone e il tavolo da biliardo. Quelle sue gambe lunghe e perfette diventano infinite quando le accavalla in quel modo. Marco si dice tutti i sabati sera che è la serata giusta, che andrà a parlarle, e le chiederà di uscire. Ma non lo fa mai. Resta sempre lì, con la sua Coca Cola, al tavolo nascosto nel più remoto angolo del pub, e si accontenta di vederla tra gli altri insignificanti volti, da lontano. Sa che conosce il barista. Ogni sabato sera la vede chiacchierare ore intere con lui, e quando finisce il turno giocano a biliardo. Marco adora vedere Laura che gioca. Diventa incredibilmente sexy nel momento in cui si concentra per mandare in buca la palla. Sa tutto questo perché sono due anni che resta a quel tavolo a fissarla da lontano. Nel profondo, sa che non può averla, e quindi tutte le sere si limita ad avere la cosa che secondo lui più le assomiglia: una bottiglia in vetro di Coca Cola. Non è il solo ad ammirarla da lontano. Sembra che nessuno riesca a conquistarla. Sarà anche per questo che tutti la desiderano. Ma lei non si lascia prendere. È la dannazione di almeno la metà dei clienti da quando è arrivata in città. Marco ricorda perfettamente la prima sera che l’ha vista entrare nel pub, come dimenticarla? Da allora è diventata quasi un’ossessione. Ricorda perfettamente come le ragazze presenti la fissavano: come se volessero che prendesse fuoco da un momento all’altro. Invidiose. E ricorda di aver commentato il suo bel di dietro con un amico, qualcuno che poi era partito e con cui aveva perso la scommessa di chiederle di uscire. Non tutti sono discreti come Marco: c’è un tale che la sta infastidendo da tutta la sera, oggi. Laura ha smesso di sorridere nel momento stesso in cui quel tipo nerboruto con la faccia da tossico le ha afferrato il braccio. Il barista in quel momento è occupato altrove e non può proteggerla. Il tipo comincia a trascinarla verso l’uscita, lei punta i piedi. Marco si riscuote dalla sua ipnosi. Nessuno fa niente? Nessuno l’aiuta? Senza che se ne renda conto, è lì vicino al bancone, e con la sua bottiglietta in vetro colpisce con tutta la sua forza la nuca del tipo che non vuole lasciare Laura. Il tipo cade a terra. Silenzio. Tutto diventa rosso. Non suona più nessuna musica nella testa di Marco. È tutto attutito, finché l’immobilità dell’azione finisce, e Laura gli butta le braccia al collo. In quel momento esplode il ritornello di “Senza Parole”. “Mio eroe!” sono le prime parole che Laura dice a Marco. Due parole che improvvisamente gli cambiano la vita. Ha ancora mezza bottiglia di Coca-Cola in mano. Il resto è andato in pezzi. La posa e ricambia l’abbraccio di Laura. Finalmente può stringere tra le mani ciò che veramente desidera.


 

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