Pirandello al Pacta: “Uno Nessuno Centomila”

Ancora prima dell’entrata degli attori, lo spettacolo è già iniziato. La scenografia, infatti, racconta una storia: il palcoscenico è profondo e in proscenio, quasi a contatto con lo spettatore, si trova un rettangolo in legno, penzolante: un quadro? Uno specchio? Uno specchio. La storia raccontata è “Uno Nessuno Centomila”, il celeberrimo romanzo di Pirandello, l’emblema della poetica dell’autore siciliano. Vitangelo Moscarda, ossessionato dalla sua immagine riflessa nello specchio, rompe tutte le possibili “forme”, entrando nel flusso primordiale che Pirandello definisce “vita”. Rinnega qualunque istituzione, persino il suo stesso nome, “Moscarda”, un nome che, come dice il lui, dà fastidio, come le mosche.

Lo spettacolo, produzione di Pacta Salone Milano, drammaturgia e regia di Annig Raimondi, nonostante si apra con due immagini mute, inizia, effettivamente, in medias res: la prima scena dialogata avvolge immediatamente lo spettatore nella vicenda del personaggio. Senza alcuna presentazione di Moscarda, infatti, il pubblico è coinvolto nella celeberrima epifania. Molto interessante è la scelta di una duplice messa in scena del protagonista: giovane e vecchio. I personaggi sono compresenti in scena, spesso dialogano. Per una parte consistete dello spettacolo, Moscarda vecchio non è che un fantasma (pirandelliano), un’evocazione, una proiezione di sé stesso nell’immaginario futuro. Frequentemente il dialogo è spezzato: Moscarda giovane, infatti, si trova coinvolto contemporaneamente in una conversazione con la moglie e in una con sé stesso (duplicato). Così lo spazio profondo viene sfruttato in funzione dei due personaggi: in proscenio la casa di Vitangelo giovane, in controscena appare il mondo diverso, quasi metafisico, di Vitangelo vecchio.

La poetica pirandelliana si manifesta esaustivamente nella prima parte dello spettacolo, attraverso lo specchio: Moscarda si riflette nella proiezione di sé stesso in futuro, in ciò che rappresenta la sua coscienza. Il funzionale gioco prospettico rappresenta mimeticamente l’impossibilità di individuare una realtà oggettivamente univoca. L’alternanza di un clima comico e tragico, umoristico appunto, è accentuato dall’ottimo utilizzo delle luci. In particolare, è molto forte l’immagine del dialogo tra Dio e Moscarda, un Dio che sembra presente sul palcoscenico, grazie alla luce, appunto.

Le parole di Pirandello prendono corpo attraverso uno spettacolo intenso, rimodellante, che scardina le aspettative di un pubblico ben inquadrato. Dalle note di regia:

Il relativismo dei punti di vista (a partire dall’opinione che gli altri hanno del naso di Vitangelo…) spiega allora come la pazzia sia semplicemente uno dei modi possibili di stare al mondo, e come ogni narrazione umana non possa “concludere” assolutamente nulla.


 

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