Dagli elefanti a Greta Menchi: tredici anni sul tubo

di Federico Lucrezi

 

Allright, so here we are, in front of the elephants.

 

Comincia così, ormai tredici anni fa, la storia di uno dei colossi di Internet. Una di quelle piattaforme che più di tutte hanno contribuito a costruire il nostro tempo, attraverso la quale abbiamo imparato a raccontarci, sono nati nuovi mestieri e tante piccole rivoluzioni sono state compiute, dal mondo dei concerti a quello dell’intrattenimento.

Era il 25 aprile 2005 quando per la prima volta un video veniva caricato su YouTube.

Il primo video sul tubo, lungo appena diciotto secondi, è stato girato allo zoo di San Diego in California e successivamente caricato dal cofondatore Jawed Karim. Pochi secondi in cui possiamo vedere Karim di fronte alla gabbia degli elefanti meravigliarsi per la lunghezza delle zanne dei grossi mammiferi. Al quattordicesimo secondo c’è anche una capra che urla.

Tredici anni dopo riguardare Me at the zoo fa un certo effetto. Chissà a cosa pensava Jawed Karim nel caricare quel filmato. Chissà se già sapeva, con quel piccolo gesto, di dare inizio a una vera e propria rivoluzione.

Tredici anni dopo YouTube ha riscritto tutti i parametri e le leggi dell’intrattenimento. Prodotti commerciali milionari come Justin Bieber hanno potuto affermarsi proprio sfruttando il tubo come trampolino di lancio.

E se da un lato per qualcuno YouTube ha rappresentato un nuovo modo di comunicare e di promuoversi in un mondo, quello musicale su tutti, che fino a quel momento aveva seguito altre regole, dall’altro qualcuno ha creato da zero nuove realtà con dinamiche e regole inedite.

È principalmente il caso degli youtuber, di chi, grazie alla introdotta monetizzazione e al giro di sponsorizzazioni e marchette che ben presto ha finito per gravitare intorno al mondo del tubo, ha potuto inventarsi un lavoro. Una bolla recentemente messa in seria discussione da Adpocalypse, la restrizione delle politiche di monetizzazione che dall’anno scorso ha messo in crisi parecchi youtuber. Per la prima volta lo showbiz digitale è finito sotto la lente di ingrandimento mediatica spingendo tutti a una riflessione sulla sostenibilità del modello per provare a rispondere alla delicata questione: lo youtuber è un lavoro?

Quanto questo nuovo mondo rappresenti una realtà solida destinata a crescere o se la bolla sia inevitabilmente destinata a scoppiare è presto per dirlo. Sicuramente il mondo è cambiato e anche l’establishment se ne sta rendendo conto, come è evidente dal tentativo di portarsi a casa la propria fetta di torta. Basti guardare in questo senso la contestatissima inclusione della giovane youtuber Greta Menchi nella giuria di qualità del Festival di Sanremo 2017, o la presenza crescente in Rai di Alessandro Tenace e Alessio Stigliano, i seguitissimi milanesi dei theShow.

È ormai chiaro che i paradigmi stanno subendo modifiche epocali e perdere il treno significherebbe rinunciare a nuove, grosse opportunità di guadagno.

Oggi gli utenti superano il miliardo e 300 milioni di unità, ogni minuto sono caricate sul sito circa 300 ore di video e ogni giorno sono attivi ben 30 milioni di visitatori per un totale di circa un miliardo di video riprodotti. Numeri importanti a testimoniare come YouTube e tutto ciò che gli ruota attorno, realtà complessa dalle mille sfaccettature e probabilmente ancora in buona parte incomprensibile all’osservatore esterno, ha davvero cambiato il mondo.

Lo ha fatto in appena tredici anni, partendo proprio da quei 18 secondi, gli elefanti e una capra che urla fuori campo.

La rilevanza storica di Me at the zoo è tale da avergli consentito l’inclusione nell’Internet Movie Database. La trama – si legge – gira intorno a un uomo di fronte agli elefanti dello zoo di San Diego che spiega ciò che pensa di loro.

Valutazione? 4.4/10!


 

 

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