La 50 Years of Victory: quando iceberg e navi vanno a braccetto

Alle ore 2.20 del 15 aprile 1912 il troncone di poppa del RMS Titanic si inabissava nelle gelide acque atlantiche seguendo il suo gemello di prua affondato pochi minuti prima. L’impatto del transatlantico britannico con un iceberg avvistato tardivamente nelle ultime ore del giorno precedente provocò l’apertura di diverse falle in 6 dei compartimenti stagni dello scafo. In poche ore l’acqua invase 5 dei 6 compartimenti interessati dalla collisione, segnando il destino della nave. Salpato dal porto di Southampton alle 12.00 del 10 aprile 1912, dopo solo 5 giorni di navigazione giungeva così al termine la breve vita del più lussuoso transatlantico dell’epoca.

Massima espressione dell’industria navale dell’epoca, lo scafo del Titanic era stato brillantemente progettato per affrontare le dure condizioni meteorologiche atlantiche, ghiacci compresi. Dalle indagini effettuate, e dalle ricostruzioni dell’incidente in cui persero la vita 1518 dei 2223 passeggeri, emerse difatti che la causa principale della tragedia è piuttosto riconducibile ad una serie di considerazioni errate riguardo l’eccessiva velocità di crociera (siano esse state coscienti o meno, dal momento che, mantenendo una velocità sostenuta, il Titanic si sarebbe aggiudicato il prestigioso Nastro Azzurro) in un tratto di oceano da cui provenivano continue segnalazioni di pericolo iceberg da parte di altre imbarcazioni, messaggi che vennero totalmente ignorati. Il Titanic avrebbe difatti potuto aggirare l’area interessata dalla presenza di ghiacci o semplicemente ridurre la velocità, offrendo ai suoi passeggeri la possibilità di navigare tra gli enormi blocchi di ghiaccio che provengono dal Labrador o dalla Groenlandia e che affollano normalmente le rotte atlantiche settentrionali.

Già, perché navigare tra i ghiacci è davvero un’esperienza unica. Nulla di nuovo, direte voi pensando alle crociere sui fiordi norvegesi, ma è qui che vi sbagliate: la 50 Years of Victory, una rompighiaccio nucleare russa, offre difatti la possibilità di concedersi una crociera facendosi largo e frantumando il ghiaccio polare. Da sempre utilizzate come apripista delle rotte commerciali artiche congelate per buona parte dell’anno, le rompighiaccio hanno ben poco a che fare con le crociere.

Ci sono voluti infatti più di vent’anni per portare a termine l’assemblaggio di quella che oggi viene considerata non solo una delle più sofisticate rompighiaccio di tutti i tempi, ma anche l’unica nave in grado di offrire un’esperienza di questo tipo. Dimenticate le crociere caraibiche e abbracciate l’idea di una crociera-spedizione della durata di 13 giorni alla scoperta del punto più settentrionale della Terra, meta oramai resa più vicina al viaggiatore e non più solo appannaggio dei grandi esploratori.

Con una potenza di 75.000 cavalli e grazie alla particolare conformazione del suo scafo, l’imbarcazione sfrutta l’oscillazione prodotta dalle onde e dalla forza di gravità per spezzare lastre di ghiaccio spesse fino a due metri e mezzo. La nave, che ha un equipaggio di 140 membri, può ospitare sino a 128 passeggeri e sebbene possa risultare difficile, non lasciatevi intimorire dal suo aspetto esteriore: le suites sono provviste di tutti i comfort necessari comprese ampie finestre per ammirare l’incredibile estensione dei ghiacci e le aree comuni comprendono sale da pranzo, saloni per il relax, biblioteche, bar, saune, palestre e sale massaggi.

A seconda del periodo dell’anno, la partenza avviene dal porto di Helsinki o di Murmarsk, cittadina russa che con i suoi 400.000 abitanti rappresenta il più grande insediamento umano racchiuso all’interno del circolo polare artico. Durante i primi giorni di navigazione il bastimento solca le gelide acque del Mare di Barents offrendo ai passeggeri la possibilità di avvistare banchi di balene e di preparare gli occhi e la mente alla desolazione e al silenzio assordante del paesaggio artico. Nel giro di 7/8 giorni la nave è quindi prossima al 90° di latitudine, la meta, l’estremo nord terrestre: qui la nave viene fermata ed è consentito ai passeggeri di scendere sulla “terra”: team di geologi, biologi e animalisti presenti a bordo guideranno i croceristi in diverse spedizioni alla scoperta del peculiare ambiente circostante e al contempo effettueranno una serie di prelievi e rilevazioni a fini scientifici.

 

Una volta raggiunto il Polo Nord, il rompighiaccio inverte quindi la rotta dirigendosi a sud e navigando nelle acque di Zemlya Frantsa Josifa, l’arcipelago russo di Francesco Giuseppe situato tra il 79° e l’81° di latitudine nord, che conta 191 isole e isolotti chiusi nella morsa del ghiaccio. Scoperta solamente nel 1873, ancor oggi in buona parte inesplorata, la Terra di Francesco Giuseppe si presenta in tutta la sua selvaggia bellezza con montagne di roccia basaltica coperte di neve e branchi di orsi polari.

Per tutta la durata della navigazione viene offerta la possibilità di effettuare voli di perlustrazione aerea grazie all’elicottero di cui dispone la nave. Nulla togliendo al bianchissimo paesaggio, il volo permette anche di osservare come l’imbarcazione riesce a farsi largo tra il ghiaccio e di capirne di più circa il particolare funzionamento del suo scafo.

Dal momento che si tratta di un’esperienza senza alcun dubbio più unica che rara, ahimè il prezzo non è da meno: con un costo individuale minimo di circa 20.000€ all inclusive – escluse in tutte le opzioni i voli di andata e ritorno per Mumarsk/Helsinki – la quota di partecipazione può facilmente raggiungere i 40.000€ e più a seconda delle suites e dei periodo dell’anno che viene scelto; ancor più insolitamente possono essere richiesti ulteriori supplementi legati ad un maggiore utilizzo di carburante in base alle condizioni dei mari e dei ghiacci.

 


 

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