Le dame floreali di Mucha: la donna eterea si emancipa

Sulla scia industriale della Belle Époque, Mucha riscopre la bellezza femminile attraverso l’elemento floreale. Il manifesto diviene veicolo delle nuove potenzialità comunicative della donna emancipata.

Mentre la Belle  Époque esalta il progresso industriale, l’Art Nouveau richiama la purezza delle forme naturali. Le trame arabescate di origine vegetale incorniciano sinuose forme femminili. A cavallo tra i due secoli, l’emancipazione della donna contrasta il conservatorismo morale a favore dell’eleganza unita all’erotismo. Alphonse Mucha coglie perfettamente lo spirito del cambiamento e rende le donne, avvolte in motivi floreali, le protagoniste delle sue opere. Non ancora trentenne, a Parigi, l’artista cavalca l’onda pubblicitaria con manifesti minuziosamente studiati e particolareggiati. Le sue figure femminili sono sia donne eteree che femme fatale. È una grande innovazione, che sta nel riscoprire le potenzialità comunicative della donna.

Manifesto pubblicitario per le cartine di sigarette Job (1897)

Parigi, fine Ottocento. Mucha si trova nel posto giusto al momento giusto. È il profeta di un nuovo movimento artistico, che porterà il suo nome: lo stile Mucha. La sua ricercatezza grafica muove da diversi motivi ispiratori. In primo luogo l’arte giapponese. Campiture piatte, linee sinuose dai contorni netti che si trasformano continuamente. Ogni elemento dell’opera ha un suo percorso, che deve essere seguito con lo sguardo, per cogliere la sua evoluzione in qualcos’altro. Lo dimostrano i manifesti teatrali di Sarah Bernhardt, con cui Mucha stipulò un contratto di sei anni. Lo stile è semplice, essenziale, ma al tempo stesso raffinato ed elegante. Per la copertina del magazine “La plume” l’attrice è in primo piano, chiaramente definita nei lineamenti e osserva seducente lo spettatore. Contrasta così con lo sguardo etereo e la pelle bianca da dama preraffaellita. Al collo si intrecciano motivi ornamentali gotici di ispirazione alle vetrate delle chiese. Antico e moderno s’incontrano.

Sarah Bernhardt nelle vesti della principessa Lointaine per il magazine “La Plume” (1897)

È però nei pannelli decorativi a stampa litografica che la natura emerge in tutta la sua carica primordiale. In un’atmosfera onirica si muovono ninfee e dee. Le chiome sono voluminose e incastonate di fiori e pietre preziose, le vesti fluenti e principesche. Sono donne fiere, eroiche e coraggiose. Mucha le incornicia in serie da quattro, mostrando le potenzialità del numero nel definire molteplici sfaccettature della figura femminile. L’artista realizza nel corso della sua carriera numerose versioni de le “Quattro stagioni”. Ogni piccolo elemento del pannello è finemente studiato. Le donne portano diversi abiti e acconciature. Ognuna guarda in una diversa direzione e assume una posa differente, tuttavia la singola stampa non si chiude in sé. La scelta della serie litografica impone che tutte le opere siano tra loro collegate in una danza che segue il corso del tempo e ricomincia ciclicamente. Lo si nota anche nell’opera “Le ore del giorno”.

La donna cambia nel tempo. A inizio Novecento si afferma nel nuovo panorama sociale. È forte, decisa e intraprendente. Ma non perde il suo tocco raffinato e sensibile. Un binomio, evocato dalla delicatezza dei fiori di Mucha. La donna, travolta dalla frenesia cittadina, ritrova in sé l’aurea primordiale della natura attraverso l’arte

Le quattro stragioni (1896)

 


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