Hobbes, I did it again

Proprio oggi, 430 anni fa, nasceva a Westport Thomas Hobbes (1588–1679). Certamente una delle menti più brillanti di tutta la storia del pensiero occidentale, ma anche una delle più controverse. E fra le varie dispute che ebbe in vita, quella con John Bramhall (1594–1663), vescovo di Derry e accanito sostenitore del libero arbitrio umano, resta forse la più memorabile. Memoriamola, dunque.

I due, ci ricorda G. W. Leibniz nella sua Teodicea, si erano anche incontrati di persona a Parigi. Accadde nel 1646, a casa del Duca di Newcastle. E a quanto pare fu del tutto inutile. Impossibile appianare le divergenze, troppo diversi per carattere e formazione intellettuale.

Bramhall aveva dunque scritto nella prefazione al proprio Discorso sulla libertà e la necessità:

Se io sono libero di scrivere questo discorso, ho vinto la causa

Bel colpo. Come a dire “Hobbes, I did it again! Per l’ennesima volta ho fatto esattamente ciò che intendevo fare, ossia scrivere questo discorso. Dunque sono libero. Scacco matto!”

Thomas Hobbes

La replica di Hobbes non si fece attendere troppo. Uscì in apertura del suo Libertà e necessità, dove si legge:

Non è sufficiente alla sua libertà di scrivere il fatto che non avrebbe scritto, se non avesse lui stesso voluto: se vuol vincere la causa, deve dimostrare che, prima di scrivere, non era necessario che poi scrivesse.

L’argomento di Hobbes è sottile e merita dunque di soffermarcisi qualche istante. Quello che il filosofo inglese intende dire è che esistono due livelli di libertà. Uno è quello che va dalla volontà del soggetto fino al compiersi dell’azione voluta, e in questo senso per Hobbes la libertà umana può esistere. Dove niente ostacola la volontà, lì c’è libertà.

Per esempio io potrei volere una bella fetta di pizza ai formaggi in questo momento. Potrei dunque uscire di casa e andarmela a comprare al panettiere qui sotto. Niente, apparentemente, potrebbe fermarmi dal fare ciò. E se così fosse, in questo senso sarei libero. La possibilità di fare altrimenti (prendere o non prendere una bella fetta di pizza, che è esattamente ciò che io voglio) sarebbe garantita.

Se però a qualcuno venisse la brillante idea di chiudermi in casa di nascosto, magari serrando porte e finestre dall’esterno, a questo punto non sarei più libero di compiere la mia volontà. Verrebbe infatti meno la possibilità di fare altrimenti, dal momento che potrei solamente non-prendermi una bella fetta di pizza. Di conseguenza sarei non-libero, oltre che affamato e un tantino indispettito.

L’osservazione di Bramhall dunque funziona, ma si attiene solamente a questo livello: quello che va dalla volontà all’azione concreta. Ed è proprio questo il suo limite. Perché a questo livello è vero, la libertà è qualcosa di non garantito (va verificato caso per caso), ma è certamente possibile. Difatti Bramhall scrive se vuole scrivere, e io mi faccio una bella fetta di pizza ai formaggi qualora me ne venga voglia e a nessuno salti in mente di segregarmi in casa. Ma il punto è che c’è anche un altro livello di libertà, un livello più radicale e metafisico.

Hobbes crede infatti nel determinismo, secondo cui nel mondo ad ogni causa seguirebbe uno ed un solo effetto. Ogni evento si trova all’interno di una rigida catena causale interamente determinata da tutti gli eventi passati e dalle leggi di natura. Non si scappa.

E in questo senso la volontà dell’uomo non farebbe eccezione. La volontà, in quanto anch’essa evento del mondo, non può che volere esattamente ciò che vuole. E vuole ciò che vuole in virtù degli eventi passati e delle leggi di natura (psicologica) che la vincolano ineluttabilmente. Quindi non è libera. Nessuna possibilità di volere altrimenti uguale nessuna libertà.

Come si vede, la posizione di Hobbes è sfumata. Questa posizione viene oggi definita compatibilismo, perché tiene insieme l’intuizione ordinaria che abbiamo della libertà (intesa come possibilità di fare ciò che si vuole) e il determinismo (ossia il fatto che tutto, volontà compresa, sia rigidamente determinato all’interno di una catena causale). Ad alcuni convince, ad altri meno. E a voi?

Nota: beninteso, ogni riferimento a metafisica in latex rosso ed extension è puramente causale.


FONTI

Thomas Hobbes, Libertà e necessità, in Logica, libertà e necessità, Principato, Milano, 1972

G. W. Leibniz, Riflessioni sull’opera pubblicata in inglese da Thomas Hobbes, su libertà, necessità, e caso, in Teodicea, a cura di V. Mathieu, Zanichelli, Bologna, 1973


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.