Fendi: Pellicce e Haute Fourrure, tra etica e tradizione

Recentemente sbarcata nei porti dell’Alta Moda con la collezione Haute Fourrure, la maison romana Fendi si trova ora a dover fronteggiare nuove bufere. Fondata nel 1925 da Adele ed Edoardo Fendi, la casa di moda è nata e cresciuta come leader brand nel campo della pelletteria e delle pellicce. Capi iconici e must – have delle donzelle di Sciuragram, le pellicce Fendi rappresentano non solo l’eccellenza del marchio, ma anche la sua condizione di esistenza, la sua struttura portante, che forse, nella società del cruelty – free, potrebbe far vacillare l’intero edificio.

La situazione di Fendi è molto controversa, sebbene poco chiacchierata, perché la famiglia, guidata da Silvia Venturini Fendi e dal creative director Karl Lagerfeld, rimane fedele all’uso di pelli e pellicce animali. Dopo la dichiarazione di Gucci dell’adozione incondizionata della pelliccia sintetica, Fendi resta uno dei pochi capisaldi del genere insieme a Simonetta Ravizza e pochi altri.

Ma un grande punto di domanda aleggia sulla produzione del marchio: è giusto continuare ad utilizzare materiale animale invece del sintetico? È giusto sacrificare una scelta etica ad una estetica? Senza schierarsi o giudicare, si può tentare di rispondere a queste domande, sebbene la questione rimanga irrisolta. Da una parte, l’etica preme fortemente sulla scelta del marchio e la condanna. Le moderne tecnologie e la qualità del sintetico hanno permesso a molti brand di continuare a produrre capi d’abbigliamento e accessori con materiali d’eccezione e 100% cruelty free, senza rinunciare alla bellezza del risultato finale. Dall’altra parte, ci sono anni ed anni di tradizione di un marchio nato come pelletteria e pellicceria, un nome che si è poi espanso fino a diventare uno dei più famosi al mondo. Ma quel piccolo negozio in via del Plebiscito a Roma resta sempre e comunque il seme da cui tutto il resto è stato generato. Il cuore pulsante di Fendi sono dunque, sempre e comunque, i prodotti in pelliccia, come dimostrano le recenti, e a dir poco sbalorditive, collezioni di Alta Pellicceria (Haute Fourrure) ideate da Karl Lagerfeld, che mostrano l’assoluta eccellenza degli artigiani pellicciai italiani e l’inesauribile estro creativo di Lagerfeld.

La famiglia Fendi ha più volte dichiarato la totale “genuinità” dei processi di lavorazione, che cercano di ridurre al minimo la sofferenza degli animali. Inoltre, quando si parla di brand così importanti, è inevitabile incorrere in degli scandali di eventuali sfruttamenti o atti di crudeltà, scandali che la famiglia Fendi non ha mai suscitato. Nonostante questo dilemma, Fendi rimane sulla cresta dell’onda, le sue collezioni riscuotono enorme successo, e il brand continua a vendere e ad avere i suoi fedelissimi acquirenti.

La conclusione di questa diatriba è ancora lungi dall’essere raggiunta, certo è che le proteste di animalisti e simili fanno sorgere spontaneamente altre e più drammatiche questioni: può l’animalista che condanna le pellicce ritenersi un giusto mentre indossa abiti di Primark? Può la società indignarsi di fronte ad un cappotto o ad una borsa di pelle quando resta indifferente di fronte alle tragedie umane? La questione rimane, così come resta il fatto che, etiche o meno, le creazione di Fendi siano capolavori di sartoria e proseguano una tradizione ormai quasi centenaria che porta l’eccellenza italiana in tutto il mondo.

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